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Farinopolis: l'importanza della farina nell'ostia

Niente scandali, siamo italiani. Come si preparano le ostie? La miscela e la cottura



Il titolo roboante appartiene all’ormai vecchio uso e abuso dei giornali scandalosi di attirare l’attenzione dei lettori che hanno bisogno di essere attirati.

Farinopolis vuole invece sottolineare l’enorme importanza della farina nell’alimentazione umana quotidiana contemporanea, la farina di frumento, grano tenero in questo caso, la farina bianca, raffinata, fine, zero e doppio zero (0 e 00) e Manitoba.

Proviamo a immaginarne la mancanza e ci ritroveremo subito in ginocchio:

cosa sarebbe la nostra vita senza l’ostia?
Ostia

L'ostia

Sì, quella della nostra prima, per qualcuno unica, Comunione. La bianca, immacolata, pura, luminosa, rotonda ostia è il più semplice e geniale prodotto che dimostra l’elevata flessibilità della farina e le sue preziose caratteristiche reologiche.

L’ostia è stata forse il primo vero pane del dopoguerra, un azzimo di eccellenza con il quale entrarono in contatto milioni di persone per molte delle quali costituì la colazione… e la cena.

Sarà capitato anche a voi di avere una zia zitella che si occupava di preparare le ostie per il convento dei Frati Minori Cappuccini come impegno devozionale; mia zia Maria Concetta Immacolata se ne fece carico per sollevare la comunità monastica dal bisogno e, previa autorizzazione ecclesiastica, comprò il “ferro” elettrico e la taglierina, i due attrezzi necessari uno per cuocere e l’altro per ritagliare le ostie nel formato piccolo  per i Fedeli, e grande per il Celebrante e l’Ostensorio.

Come si preparano le ostie

Per la preparazione esigeva la farina la più bianca possibile, preferibilmente di grano tenero varietà Maiorca bianca, dai contadini facoltosi che la donavano in cambio della salute dello spirito; come sarebbe stata felice per l’ampia scelta di farina bianca offerte dal mercato oggi. 

Il colore bianco era ed è tuttora fondamentale perché indica la purezza igienica, idonea a rappresentare il divino e l’umano, a differenza di quel pane nero adulterato, truccato, che nascondeva, come tutti sapevano, miscugli pericolosi di granaglie, loglio ed erbe droganti, insomma il pane selvaggio di Piero Camporesi, memoria, allucinante.

Ecce hostia: farina e acqua miscelate a mano col cucchiaione dosatore, diventate pastella alla giusta densità, si colano al centro della piastra incisa sulla terra con un segno di croce e sul cielo con i segni delle particole, leggermente oleate con un batuffolo di cotone imbevuto di olio extravergine di oliva per facilitare il distacco dopo la cottura.

Quando cielo e terra vengono unite si scatena un tale calore che l’acqua  se ne va in fumo, in una nuvola di vapore bollente, a profumare la stanza di farina abbandonando i bordi gelatinosi fuoriusciti lateralmente.

Il tempo di recitazione di un Padre nostro come timer e bisogna staccare il cielo, altrimenti l’ostia incomincia a prendere colore, a imbrunire e a difettare in candore e sapore.

Dopo l’asciugatura si procede con il taglio, i ritagli vanno ai bambini dell’Oratorio nell’ora di Catechismo; le ostie fresche e fragranti sono pronte per la benedizione. Durante la comunione si incolleranno al palato ma poi si  sciolgono e deglutiscono senza masticazione. Celestiale degustazione. Corpo di Cristo… 

ps. Inter nos: Francescani indossano a mo' di cintura sul saio marrone. Sarà per questo motivo che si chiama cappuccino il caffellatte che prendiamo al mattino? Il dubbio sorge spontaneo...

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