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Bistrattati capponi

Sempre più raro trovare un galletto genuino e allevato dall'amico agricoltore


Compaiono sulla scena, all’inizio di dicembre, da protagonisti, vessilli della tradizione. Poi tornano dietro alle cucine da comprimari. Sono i capponi, non i quattro che Agnese affidò a Renzo perché non si presentasse a mani vuote dall’avvocato Azzeccagarbugli, ma i trascurati nel corso di undici mesi da cuochi, cucinieri e casalinghe più attratti dai petti di pollo surgelati o, nemici giurati del brodo perché… ci vuole tempo.


In vista di Natale e Capodanno arrivano sulla scena i capponi “griffati” perché lo vuole la Festa, così come si sceglie il lardo di Colonnata, il pane di Altamura, il culatello di Zibello. La star è il cappone di Morozzo, borgo della provincia di Cuneo, ricca di giacimenti e di eccellente ristorazione, dove questo splendido animale ha una lunga tradizione. Qui i galletti di razza autoctona (Bionda) si nutrono di un’alimentazione vegetale, lasciati liberi in uno spazio di almeno cinque metri all’aperto, chiusi solo di notte . La castrazione chirurgica (un intervento meno crudele e pernicioso di quello manuale), che serve per asportare i testicoli, la cresta e i barbigli (da cui un sugo per raffinati), ha luogo in agosto e i capponi non sono macellati prima di 220 giorni di vita.


Anche un antico detto romagnolo conferma la validità dell’intervento in agosto: quand Sa Roc l’è arivè, i gapon t’hei da fe (quando arriva San Rocco, i capponi devi fare); da cui si deduce che la castrazione, in passato, avvenisse il 16 agosto (San Rocco) perché appunto i galletti avessero tempo di ingrassare per il giorno di Natale. In passato l’operazione era effettuata manualmente con due dita, da cui un altro detto stavolta modenese: in dù intòren a un sgàun, in cuàter intòren a un capàun (in due intorno ad una sega, in quattro intorno ad un cappone).


I tempi son cambiati, maggior rispetto per gli animali, ma quel pollo di razza romagnola non c’è più, disperso come numerose razze avicole (la livornese) che sono diventate la fortuna di patrimoni altrui o sono sparite o in vie di estinzione (la padovana Maggi), ma soprattutto è scomparso il cappone di 5-6 chilogrammi in grado di regalarci brodo e bollito di qualità. Non resta che la star, il cappone di Morozzo o, per i fortunati, i rari capponi allevati dall’amico agricoltore. E così “io speriamo che me la cavo”, se finirò davanti a un cappone made in China taroccato da piemontese! Un grasso Natale e un gustoso 2012 dal Gastronauta.

Sine qua non.


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