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Perché sfrattare l'Enoteca Marcucci?

L'imminente chiusura del simbolo gastronomico di Pietrasanta lascia con l'amaro in bocca


Che tristezza! Così ho pensato mentre uscivo da un ristorante, di cui sono frequentatore da molti anni. Il paradosso è che in quel locale, l’Enoteca Marcucci di Pietrasanta, ho sempre passato piacevoli serate, ho gustato succulente zuppe, gustose carni e baccalà alla brace, nonché ho sempre bevuto, come succede in pochi altri posti. Perché allora quel velo di tristezza, quando mi sono avviato verso il Duomo, fra tante opere d’illustri artisti? Purtroppo Michele, il patron, mi ha informato che a marzo l’Enoteca sarà costretta a chiudere i battenti per lo sfratto. 


Che dire? Poco più di un anno fa ho descritto, su queste pagine, come modello da ripetere il borgo di Pietrasanta, addirittura invocandone una, dieci, cento.


Ebbene uno dei must appunto del successo di quel luogo toscano è proprio l’Enoteca che, non solo ha cominciato ad attirare il jet set della Versilia da anni, ma al tempo stesso è diventato un locale da imitare. Infatti oggi tra le viuzze di Pietrasanta si contano decine di locali, Enoteca style, sorti sulla scia del ristorante dei Marcucci. Certo, il cibo non è stata l’unica calamita ad attrarre i “bagnanti” di Forte dei Marmi e dintorni: alcuni famosi artisti internazionali hanno fatto la loro parte, facendo sì che il borgo diventasse ricco di gallerie d’arte top. 


Questo mix (cucina e arte) ha trasformato Pietrasanta in una meta di grande attrazione, di cui appunto l’Enoteca Marcucci è stato un player soprattutto all’inizio degli anni Ottanta, quando il borgo era ancora poco conosciuto. Non solo cucina, ma da anni ormai Michele Marcucci è diventato un punto di riferimento per la sua straordinaria cantina, con una selezione di migliaia di etichette, italiane e internazionali, così come la sua accurata ricerca di ingredienti di qualità. E’ davvero bizzarro che, in un momento di grave crisi, si lasci chiudere un’attività che non solo attrae turismo, ma offre lavoro, in estate, a ben 30 dipendenti, fra poco disoccupati. Forse la Curia di Pisa, proprietaria dello stabile dell’ Enoteca, ha ben altri progetti economici, peccato!


Sine qua non 


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