Siamo pronti a mangiare insetti, alghe e carne coltivata?
Dalla carne di laboratorio agli snack di medusa: gli italiani tra curiosità, disgusto e sostenibilità. Cibo del futuro o incubo nel piatto?
- Informati? pochi. disposti a provare? solo qualcuno.
- I giovani ci stanno. i nonni, molto meno.
- Cosa ci frena?
- Ma allora perché dovremmo farlo?
- Cosa ci incuriosisce di più?
- Ma il problema è anche il portafoglio
- Cibo del futuro o incubo da laboratorio?
carne coltivata in laboratorio, polpette di grillo, spaghetti alle alghe, snack di medusa. No, non è un episodio di Black Mirror, ma uno scenario sempre più vicino — e reale. Lo chiamano novel food e promette di rivoluzionare il nostro modo di mangiare. Ma noi italiani, amanti del parmigiano, del ragù e della cucina della nonna, siamo pronti a dire addio alla tradizione?
Informati? Pochi. Disposti a provare? Solo qualcuno.
secondo la ricerca BVA Doxa 2025, solo il 23% degli italiani si considera informato sul tema. Eppure questi alimenti stanno iniziando a comparire nei supermercati, nei ristoranti “visionari”, persino nei menù delle scuole più all’avanguardia. Alla domanda “Lo assaggeresti?”, il 40% risponde: “Dipende”. Solo il 9% è pronto ad addentare una cotoletta di insetti senza farsi troppe domande. Il resto tentenna, scuote la testa o cambia argomento.
I giovani ci stanno. I nonni, molto meno.
Il divario generazionale è netto: i 18-34enni sono i più curiosi, mentre gli over 55 sono fermi sulle posizioni. Per loro il cibo è memoria, identità, cultura. Per i giovani, invece, è anche sperimentazione, sostenibilità, scelta etica. Due Italie che si guardano con sospetto davanti allo stesso piatto.
Cosa ci frena?
Innanzitutto: il disgusto. L’idea di mangiare cavallette o meduse fa storcere il naso a molti. Ma non è solo una questione di palato. C’è paura: per la salute, per quello che “non si conosce”, per ciò che “non è naturale” (anche se naturale non vuol dire sempre sano). E poi c’è la tradizione, regina assoluta della tavola italiana: il 39% degli intervistati dice che questi cibi “non appartengono alla nostra cultura”.
Ma allora perché dovremmo farlo?
Perché il novel food ha delle carte forti:
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È sostenibile: meno acqua, meno suolo, meno CO₂
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Può essere nutriente e salutare
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E se cucinato bene, può anche essere buono (sì, sul serio)
A condizione che il gusto sia piacevole, il 40% degli italiani potrebbe aprire le porte (e la bocca) a questi nuovi alimenti. I giovani in particolare cercano l’equilibrio perfetto tra curiosità, benessere e coscienza ecologica.
Cosa ci incuriosisce di più?
A sorpresa, non sono gli insetti in cima alla lista dei desideri, ma:
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Carni vegetali
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Alghe
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Meduse (più amate di quanto si pensi)
La carne sintetica? Resta sullo sfondo, ancora troppo “scientifica” per entrare nei cuori — e nei piatti — degli italiani.
Ma il problema è anche il portafoglio
Il carovita incide: quasi 1 italiano su 2 ha cambiato abitudini alimentari per colpa dell’inflazione. Acquisti in promozione, discount, meno pasti fuori casa. E quando si parla di novel food, l’idea di pagare di più per qualcosa di “strano” frena ancora di più.
Cibo del futuro o incubo da laboratorio?
Dipende da chi lo racconta — e da come lo si cucina. Il novel food non è un mostro da temere, ma neppure un salvatore assoluto. Come ogni rivoluzione, ha bisogno di educazione, cultura gastronomica, trasparenza e... sapore.
Daniela Conti di BVA Doxa lo dice chiaramente:
“Il novel food è una sfida culturale. Per avere un futuro in Italia, dovrà sapersi integrare con la nostra tradizione e offrire gusto, salute e sostenibilità”.
Allora, la domanda resta:
Siamo pronti a mangiare tutto questo?
O continueremo a difendere la lasagna come ultimo baluardo contro il futuro?
Fonte dati: Ricerca BVA Doxa, 2025
Contatti stampa: Veronica Boldrin – +39 333 2321222 – veronica.boldrin@consultant.bva-doxa.it