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Bianco o Rosso, solo Bio

Tra domanda consapevole del consumatore e l'effetto imitazione della moda del momento


vino biologico, vino cosiddetto naturale, vino biodinamico, vino libero, vino etico… il consumatore non avvezzo a leggere le pagine specializzate dei magazine o dei blog enoici non avrà forse un minimo di confusione mentale di fronte a questo tourbillon di definizioni? Soprattutto chi a mala pena distingue un vino bianco dal rosso. Viene da chiedersi se l’improvviso boom di queste “false etichette” di fantasia o recentemente definite dall’UE (bio), altre ancora riferite solo alle uve (biodinamica), siano state create dalla domanda o dall’offerta.


Insomma è il consumatore che chiede un vino non più convenzionale, oppure sono una minoranza di produttori che hanno stimolato più o meno artificiosamente una nuova domanda? Una risposta abbastanza plausibile è negli stili di vita emergenti, in primis la ricerca salutistica del cibo, identificata innanzitutto nelle materie prime originarie; nel caso del vino nell’agricoltura. 

In molti, in tanti, pretendono coltivazioni più pulite, soprattutto biologiche che, dai dati alla mano, hanno un crescente successo; ciò si riflette non solo nei prodotti gastronomici, ma ora anche nel vino. 

A questo si aggiunge il problema “solfiti” che viene colpevolizzato per i mal di testa provocati dai calici, soprattutto, di vino bianco (spesso è dovuto al gomito alzato…). Fino a poco tempo fa, a dire il vero, la SO₂ era una Carneade, pochi sapevano cosa fosse e a cosa servisse nella produzione di vino, ancor meno delle conseguenze che può provocare, ma all’improvviso questo problema è balzato alla ribalta (giustamente!). L’interesse, a prima vista, parrebbe provocato dalla domanda dei consumatori “consapevoli”, ma forse, forse c’è pure un effetto “imitazione” (c’è chi lo definisce moda del momento), creato dallo zampino di produttori capaci  di interpretare gli umori del mercato. 


Sine qua non

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