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Riflessioni post Vinitaly

Il mondo del vino italiano, come appare e com'è


Sono sufficienti pochi minuti, varcata la soglia del Vinitaly di Verona, per rendersi conto di aver di fronte un Paese diverso da come spesso viene dipinto. Tra i banchi si respira un’aria di ottimismo che non è quello della volontà perché la realtà di mercato, e soprattutto le aspettative, sono positive. Certo, fuori c’è la fuga dei cervelli all’estero in cerca di un futuro migliore, ma tante aziende di vino presenti al Vinitaly sono guidate da giovani.

“Fuori" si grida sempre alla discriminazione femminile ai vertici delle imprese, mentre il mondo del vino annovera al vertice (anche delle aziende più prestigiose) giovani donne manager. Non siamo di certo in Silicon Valley, i rossi e i bianchi non ci proiettano sicuramente nel futuro, nell’innovazione, nella tecnologia, ma l’insieme presente nei padiglioni del Vinitaly è la più importante voce della bilancia commerciale dell’agroalimentare italiano, nonché tra le determinanti per reggere il Paese.

Questi signori presenti a Verona non solo producono reddito, ma addirittura contribuiscono a far sì che le entrate per turismo non siano solo prodotte dall’arte, dalla Bellezza del Belpaese, ma il vino, come accertato, è un medium per attirare nei territori, spesso trasformando luoghi “non turistici" in mete assai frequentate (langhe docet). È altresì vero che questo mondo alcolico italiano ha ancora qualche problema, retaggio del passato, quello di essere leader mondiale della produzione, ma non in valore, dove staziona da sempre dietro alla Francia.

Insomma, tradotto in soldoni, in tanti puntano ancora sulla quantità piuttosto che sulla qualità, quasi ad avere ancora un vetusto “inferiority complex" nei confronti dei cugini d’Oltralpe. Non si capisce il perché: molte etichette made in Italy, soprattutto di vini rossi, sono sempre ai vertici nelle degustazioni e nelle considerazioni degli opinion leader stranieri. Dunque cominciamo a sentirci al pari di chi per secoli ha dettato legge! La ricerca di qualità paga sempre, un monito che dovrebbe convincere soprattutto i produttori di prosecco (un fenomeno che anche i cugini di Francia ci invidiano), leader mondiali nel numero di bottiglie, a non trasformarsi in commodity.

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