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Il menu dei magnifici nove

Dal Povero Diavolo pietanze semplice, ma con sapori complessi e affascinanti


A dir il vero se mi fossi rifiutato c'era sempre il menu di «ritorno al futuro»: variazioni di coniglio, cappelletti della casa, lombata panata e crepe suzette. Insomma nella casa, ormai storica di Fausto e di Stefania, esempi di eroica desistenza culinaria nel tempo, la provocazione non manca, ma non è mai campata in aria.


Ebbene le nove portate di Parini mi hanno convinto dei passi da gigante di questo, ancor giovane cuoco, poco presuntuoso, che cucina con una grande passione e non per la notorietà, che ha un bagaglio di conoscenze, in parte trasmesse dalla famiglia, che vanno dalle erbe, alle verdure, alle lievitazioni di pane, ai dolci. È uno chef con grande competenza, non ricorre ai distributori griffati di materie prime, ma sceglie gli artigiani locali. I magnifici «nove» mi hanno sorpreso appunto per utilizzo di ingredienti «cosiddetti normali»: la bietola, succo di alloro e miele di Ailanto o la pastinaca, limone e chinotto (un dessert non dessert). 

Pietanze che paiono scontate, ma i sapori e i profumi sono complessi, intriganti, così come la loro realizzazione che impone la conoscenza della sintassi di cucina. Piatti che volano, armonici, inattesi come il riso in bianco al cipresso, sapore di cui avevo sentito in precedenza solo il profumo nelle mani o ancora il soaso (pesce dimenticato) carota e camomilla o ostrica, fave e limone sotto spirito. Coglie di sorpresa pure la leggerezza delle lumache, rapa e gelsomino e i sapidi tortelli di baccalà e fieno (un contrasto riuscito).


: rapa e martini e finocchio acciuga e cumino. Insomma a Pier Giorgio perdono il menu sorpresa: ha ormai toccato livelli di grande eccellenza, ma forse lo si capiva già i primi tempi quando ancora il Povero Diavolo viveva della fama dei suoi cappelletti con formaggio di fossa che, con grande intelligenza ha mantenuto, e serve come ultimo piatto (qui gioco io: il ritorno al passato!). Un plauso alla cantina di Fausto: si può assaggiare il grandissimo Trebbiano di Valentini 2007, un outsider, Rigogolo magnun albana di Bragagni, ma anche uno sconosciuto produttore romagnolo di sole 600 bottiglie. 


Sine qua non!


(L'immagine è tratta da www.lucianopignataro.it)

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