Le nuove frontiere dell'alimentazione
Come ci sfameremo nel 2050?
Dal nostro inviato nel cattivo gusto!
Ricordate il provocatorio suggerimento del giornalista austriaco Karl Kraus, che all’inizio del secolo scorso scriveva: “Mangiate merda: dieci milioni di mosche non possono sbagliare”? Rileggerlo, in questi giorni, mi ha portato a due considerazioni: 1) visto il successo dei fast food, direi che il suo invito è andato a buon fine 2) al posto degli escrementi, mi sa che nel prossimo futuro dovremo mangiarci milioni di mosche.
Sembra una battuta di cattivo gusto, lo so. E invece è quanto affermano i serissimi studi della FAO, l’organismo dell’ONU che si occupa di alimentazione: secondo le previsioni degli esperti, infatti, nel 2050 la popolazione mondiale raggiungerà i nove miliardi (buona parte dei quali, mi dicono, discendenti di Tiger Woods) e mangiare gli insetti, economici e ricchissimi di proteine, potrebbe essere l’unico modo per non morire di fame.
Inutile dire che la notizia, in un paese di buongustai come il nostro, ha suscitato molte perplessità, nonché le scontate le proteste del Movimento Cinque stelle, che non vuole perdere i suoi Grillini e di Piero Fassino, che teme di essere scambiato per un insetto stecco. La principale obiezione si fonda su un dato inoppugnabile: al contrario di altri paesi, dove rappresentano un piatto tipico, gli insetti (con l’eccezione delle farfalle, squisite con pancetta e zucchine) non fanno parte della cultura gastronomica italiana. Tanto per darvi un’idea: in Cambogia si mangiano le cavallette, mentre qui, per tre mesi l’anno, veniamo divorati dalle zanzare.
Cambiare, in effetti, è una cosa piuttosto difficile. Perché l’abitudine, come diceva Proust, è una seconda natura: ed è probabile che persino un habituè della mosca al naso come Sgarbi, si rifiuterebbe di passare alla mosca ai ferri. Quindi meglio rimboccarsi le maniche e cercare soluzioni diverse. A ben guardare, tra l’altro, se parliamo di menù alternativi, nel Belpaese gli esempi virtuosi non mancano: basta pensare all’interista Milito, che ultimamente si mangia tonnellate di gol, o agli ospiti dei talk show, sempre pronti a mangiarsi la faccia; per non parlare dei nostri parlamentari, che si mangiano le promesse elettorali, dei tanti schiavi del video-poker, che finiscono col mangiarsi la casa e di chi, da buon vegetariano, preferisce mangiare la foglia; e come non lodare, poi, lo sfigato che dimentica di giocare la combinazione da jackpot e, naturalmente, si mangia il fegato?
Chissà. Magari un giorno, ispirati da questi modelli positivi, comprenderemo che stare in fila col motore acceso, in attesa che un addetto ci allunghi quintali di calorie attraverso il finestrino è un regime alimentare non più sostenibile, per il pianeta. Anche perché complica la raccolta differenziata. E ogni volta che avanza un pezzo di panino ci si chiede dove vada: nel contenitore dell’organico, o in quello della plastica?
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