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Testa o panza?

Il dilemma dell'onnivoro


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Il dilemma dell’onnivoro. Un dubbio che ho spesso, come qualche giorno fa, dopo un pranzo all’Antica Osteria del  Mirasole di San Giovanni in Persiceto (BO) e una cena all’ Osteria della Francescana di Modena. Particolare assai bizzarro è quell’Osteria che precede il nome di ambedue, ma tutto li allontana: il linguaggio, le conoscenze, la ricerca, il locale, le consistenze e il sapore dei piatti.

Diversissimi i locali già in grado di comunicare: minimalista lo spazio di Massimo Bottura con le luci di Maurer, lampada ad arco di Castiglioni (come il primo Marchesi milanese) quadri d’autore alle pareti, gli acquerelli raffinati del menu di Giuliano Della Chiesa. Mentre l’interno d’antan dell’Osteria di Mirasole è come una foto color seppia, camino sempre fumante, menu scritto a mano.

Il cibo è agli antipodi: rustici crostini con fegatini; crostolo di polenta fritta con baccalà mantecato per cominciare all’Osteria di Mirasole, tagliatelle tirate a mano con sfoglia grossa al ragu di cortile. Sapori netti, immediati, decisi senza spazio per sfumature o tempo; richiami alla memoria se non quelli perduti di casa, della mamma o della nonna. Poi carne alla brace: scottona ricercata, vitella e salsicce. Bocconi all’insegna del gusto pieno. I piatti definiti così come sono, accompagnati da Lambrusco della cantina della Volta di Cristian Bellei. 

Un menu completamente inedito quello di Massimo Bottura sempre al grido di:“si mangia con la testa e non con la pancia”, pregno di una spietata ricerca per un’armonia nella diversità. Ogni piatto (definito con metafore) è un puzzle che invita a ricomporre i diversi sapori, le differenti consistenze quasi a voler mettere in gioco la memoria del commensale, a cominciare dal crostino di frattaglie di faraona con un cioccolato amaro o il crogiolo di  fave, piselli, asparagi con diverse temperature legate con caglio di latte nell’“immaginate una mucca al pascolo in primavera”. O ancora nella esplosiva “concentrazione di un ossobuco” dove riso stagionato, disidratato e poi fritto (divenuto croccante), immerso in un bagno di pepe, peperoncino e zafferano fa frugare nella memoria per ritrovare l’ultimo ossobuco gustato. 

Vero e proprio caleidoscopio di sfumature poi sono le “spugnole ripiene di mousse di cotechino in brodetto acido di teste di maialino da latte”. 

Perché dilemma dell’onnivoro? A San Giovanni in Persiceto prevale l’istinto, l’immediatezza, la gola; a Modena un gioco mentale di memoria e di palato. Una dicotomia cronica nell’approccio  al cibo: testa o pancia? Sine qua non 

Davide Paolini   

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