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Lambrusco ancestrale e vini col fondo

Il successo dei vini rifermentati


Mentre in cucina il linguaggio si è appropriato del termine “fermentato”, grazie anche alla diffusione delle tecniche coreane, il parlato del mondo dei vini ha riproposto termini d’antan, come “ancestrale” e “rifermentato in bottiglia”.

L’utilizzo di modalità che si rifanno a queste tipologie, producono vini che presentano dei lieviti in bottiglia conosciuti anche come con fondo o col fondo o sur lie. A proposito dei quali aggiungo: “non c’è nulla di nuovo, anzi di antico”, in realtà sono metodi di origine casalinga o artigianale, che le famiglie contadine (soprattutto nel Trevigiano del prosecco o nell’Emilia del Lambrusco) hanno sempre utilizzato per la produzione dei loro vini, quando le vendemmie arrivavano al mese di ottobre, o addirittura a novembre. Allora le fermentazioni alcoliche si arrestavano per gli inverni freddi di quei territori, lasciando dello zucchero residuo che rifermentava dopo l’imbottigliamento con i primi calori primaverili, generando un vino secco e frizzante. Forse per la mancanza di un riconoscimento ad hoc nel tempo, poco si è parlato di questi metodi di produzione, anche se di certo alcuni produttori hanno proseguito il metodo familiare senza squilli di tromba e rullo di tamburi. Come nelle favole, all’improvviso negli ultimi 10 anni, i vini ancestrali sono saliti alla ribalta, quando la storica cantina Francesco Bellei, allora della famiglia Cavicchioli e di Christian Bellei, ha prodotto, con l’antico metodo della rifermentazione in bottiglia, il “Lambrusco Ancestrale”. Questa etichetta non solo ha avuto grande successo, ma ha attirato l’attenzione degli appassionati e anche di altri produttori.

Cerchiamo quindi di sgomberare il campo da equivoci: il metodo ancestrale è ancora più specifico della semplice rifermentazione in bottiglia, in quanto la prima fermentazione non si completa immediatamente perché lo zucchero residuo (necessario alla partenza della seconda fermentazione) è già presente, sin dal mosto di partenza e la fermentazione si conclude a tutti gli effetti all’interno della bottiglia (da cui i lieviti nel fondo). Mentre nella semplice rifermentazione in bottiglia è prevista la separazione del liquido dalle fecce attraverso il travaso e la sboccatura (Metodo Classico utilizzato negli spumanti e negli champagne).

Il successo dei vini rifermentati ha promosso innanzitutto i territori, già retaggio del “metodo familiare” e alcuni produttori pionieri (nel modenese con Radice di Paltrinieri, Rimosso di Bellei, Smilzo di Vittorio Graziano, Grasparossa azienda Cavalera, nel parmense con il Lambrusco ( e barbera) di Donati e Barbera di Pradarolo). Nel trevigiano ottime le bottiglie sui lieviti (o col fondo o sur lie) prodotte da: Luigi Gregoletto, da Luigi Follador, Casa Coste Piane, ecc); nell’Oltrepò il Barbacarlo di Lino Maga e la Bonarda di Picchioni.

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