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Dal pagnottone al panettone

Breve storia fantasticata sulla nascita del lievitato


In un controluce che trasforma i corpi in ombre senza ombra, nella sera, un'ombra entrò nella chiesa madre dell'Assunta. La testa gli girava per la fatica, la fame, il freddo. La sollevò verso l'alto e attraverso lo sgorgare delle prime lacrime, nei suoi occhi verdi prosciugati dal gelo, vide... Cosa vide? Faceva fatica a descrivere a sé stesso cosa vedeva... Rimase lì con la bocca aperta, come se ci dovesse piovere dentro della manna. Ma non era manna quella che vedeva salire verso l'alto a occupare tutta la cupola della cattedrale, e neppure i soliti girotondi angelici e le spirali di nubi che di solito occupano le cupole.

No! Era tutto un levitare e lievitare. Sì, proprio così! Lievitare di cerchietti e quadratini, rombi chiari e scuri, bruniti e dorati che dal pavimento a esagoni erano saliti fin lassù, nel cilindro del tamburo che sorreggeva la cupola, che a malapena li conteneva. E lui era lì dentro, in mezzo a quella levitazione lievitante. Leggero, alleggerito, sollevato dal peso di quella giornata greve, pesante, carica di dispiaceri. Si assopì all'improvviso, si era fatta notte. Insieme a una folata d'aria fredda, dal portale gli giunse il fragrante e caldo profumo del pane.

Dei pagnottoni sfornati da un forno lì accanto, appena fuori dalla chiesa madre. Chiesa madre, già. Per lui quella chiesa che da bambino frequentava insieme a sua madre, con quella sua grande cupola, gli aveva sempre ricordato le gonne materne sotto alle quali trovava riparo per paura o timidezza.

Nessun pittore avrebbe mai dipinto una Madonna della Misericordia così: con una gonna sollevata a fare da cupola protettiva, troppo sconveniente e irrispettoso. Ma nessuno poteva vietargli di rivedersi così, piccolino, sotto la cupola della gonna materna, in cerca di protezione, rassicurato dal profumo del pagnottone e da quelle luminose e dolci forme lievitanti e sospese dentro il volume sottostante la cupola, come... Come dei pezzetti di frutta candita e di uvetta dentro all'impasto di un pagnottone!
 

Si precipitò fuori dal Duomo, iniziava a nevicare. Entrò nella panetteria, di lì a poco sarebbe stato Natale. Chiese del panettiere e gli ordinò un "pagnottone" dolce per le feste: non con la solita forma però, ma con quella alta di un cilindro sormontato da una cupola, come quello della chiesa madre lì davanti. Profumato di lievito, di pasta di pane, ma con dentro dei cubetti di frutta candita, luminosi, solari, dorati, come gli agrumi, e dell'uva passa. "Allora, mi avete capito?" - disse - Un pagnottone non troppo dolce, alto e con una cupola con dentro scorzette di cedri e aranci canditi insieme a un grappolo sgranato di uvetta". "Sì, ho capito Signor Gastone - rispose il panettiere - Provvederò. Ma un pane dolce siffatto, non lo si può più chiamare pagnottone". "E allora Voi lo chiamerete..." - Gastone ci pensò e poi esclamò convinto: "panettone! Siamo intesi?". Il panettiere accettò la proposta: "mi pare acconcio. E sia".

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