Torna a inizio pagina

Gin: storia, curiosità e tendenze del distillato eterno

Breve storia del Gin e del cocktail che lo ha consacrato all'immortalità: il Gin Tonic. Cinque gin consigliati.



Il 2023 è indubbiamente (anche) l’anno del gin. Aumenta il numero di bottiglie sugli scaffali di qualsiasi american bar e non è difficile trovarne anche di buoni perfino in luoghi dove esattamente non te lo aspetti.

Probabilmente, però, c’è da dire che il protagonista assoluto del consumo non è propriamente il gin in sé, ma uno dei drink più versatili che si possa bere a (quasi) ogni ora della giornata: Il Gin Tonic. Tre parti in denominatore, di cui una distillata e le altre due in acqua tonica, con ghiaccio e scorza di limone ad arredare il tumbler alto o l’HighBall di servizio.

Ma facciamo un passo indietro e partiamo da alcune domande, cos’è il Gin, cos’è un distillato e che differenza c’è tra un distillato e un liquore? Ma soprattutto, come e dove nasce il Gin Tonic? Mettetevi comodi, sarò breve, ma esaustivo.

LA STORIA DEL GIN E LA NASCITA DEL GIN TONIC

Per capire cos’è il Gin partiamo da una storia che, come spesso accade in questi casi, vede operare lo zampino degli inglesi e di un imperialismo che ha miscelato quasi tutta la terra conosciuta. Parliamo di una bevanda alcolica nata in Olanda, sembrerebbe a scopi farmaceutici, sulla base del liquore tradizionale a base di ginepro chiamato Jeneper. Un distillato salito alla ribalta popolare grazie a Guglielmo III d’Orange, Principe olandese che occupò i troni d’Inghilterra, di Scozia e d’Irlanda.

Eh sì, nei millenni non si è mai smesso di alimentare il coraggio miliziano a colpi di alcol, promuovendone consumo e produzione, ma tornando all’Impero con un balzo di cinque secoli in avanti, voliamo in India per assistere alla nascita del Gin Tonic. In quegli anni la malaria era una piaga e i coloniali la combattevano con un medicinale che avevano ricevuto in dote, per così dire, dalle popolazioni delle Ande sudamericane, il Chinino selvatico (o china).

Incredibilmente efficace, il chinino, ma talmente amaro che necessitava di essere diluito con acqua gassata, zucchero e ovviamente gin. Rudimentale, grezzo, ma vincente al punto di resistere addirittura all’imperialismo stesso (forse), diventando ai giorni nostri uno dei drink più bevuti nel mondo, capace di alimentare un mercato esponenzialmente florido e in continua crescita.Gin_cibovagare

DIFFERENZE TRA DISTILLATO (LIQUOR O SPIRITS) E LIQUORE (LIQUEURS) 

Ci tengo ai termini tra parentesi, perché nelle male traduzioni si nascondono sempre le insidie più grandi e poi, detto tra noi, quando allunghiamo le mani sugli scaffali verso bottiglie costose di produzione internazionale, capire bene cosa c’è scritto ci aiuta a scegliere e a bere meglio.

Partiamo dagli spirits e definiamo da subito che sono bevande alcoliche ottenute dalla distillazione di cereali, frutta o botaniche in generale, che siano già state sottoposte alla fermentazione alcolica. L’Armagnac, tanto per dire, è prodotto dalla distillazione dello champagne che invero è un vino e dove quindi l’uva ha già subito la sua fermentazione alcolica. Il whisky invece (da non confondere con il whiskey olandese), vede la distillazione del risultato da fermentazione alcolica di cereali, tipo il malto.

Un piccolo inciso lo facciamo sulla distillazione. Senza scendere in lungaggini chimiche, la distillazione è un processo di concentrazione di alcol e di purificazione del composto liquido, che avviene per evaporazione e successiva condensazione. Basta tenere presente che alcol e acqua evaporano a temperature diverse e che uno spirits, per essere tale, deve avere un volume alcolico (ABV) superiore al 20%. Questa è infatti la massima percentuale di alcol o etanolo presente in un volume liquido, raggiungibile con la sola fermentazione, oltre la quale l’alcol diventa tossico per i lieviti.

TIPOLOGIE DI GIN

Partiamo da un presupposto, nel mondo potrete trovare diversi appellativi che fanno capo a volte alla fantasia e altre e precise leggi di Stato che cambiano di nazione in nazione. Da queste parti il gin è regolamentato dalla direttiva europea 110 del 2008 e successive modifiche, che suddivide la nomenclatura ufficiale in tre diverse tipologie: London Dry Gin, Distilled Gin e Gin (conosciuto anche come Compound Gin). Vediamoli uno a uno.

London Dry Gin – Ginepro e botaniche (che non devono essere necessariamente 7 come alcune credenze popolari diffondono), macerate in alcol etilico e distillate attraverso alambicchi o in corrente di vapore con un risultato finale che non può superare il 70% di volume alcolico. Una percentuale che poi viene regolata tra un 37.5 come minimo di legge e un 57 di massima, attraverso la miscelazione con acqua o alcol puro. Queste due sono le uniche due soluzioni che si possono aggiungere al termine del processo di distillazione, per questa denominazione non sono consentite altre tipologie di miscelazioni o di addizioni di nessun tipo. Questa è la complessità di un London Gin, che poi diventa Dry se mantiene un residuo finale zuccherino che è sotto lo 0,1gr/lt di prodotto. Il London Dry Gin può essere prodotto ovunque (e non solo a Londra, gli inglesi per distinguersi utilizzano il termine British London Dry), così come può prevedere una combinazione infinita e non numericamente regolamentata di botaniche in infusione.

Distilled Gin – Se la peculiarità del London Dry è l’impossibilità ad addizionare qualsiasi cosa, che non sia acqua o alcol, al termine della distillazione, nel Distilled è invece la possibilità di poter aggiungere altre componenti aromatiche, sia naturali che artificiali. Questa grande possibilità di creare infinite combinazioni di gusto, anche attraverso botaniche e sostanze naturali impossibili da distillare, è quella che ha dato vita alla grande espansione di mercato del gin. Fiori, alcuni vegetali o altre sostanze delicate, nel Distilled possono essere parte del risultato attraverso macerazioni parallele e molto spesso separate secondo le specifiche caratteristiche di ognuna, oppure estratte con dispostivi Rotavapor (evaporazione a bassa temperatura in sottovuoto). Questo permette altresì di poter giocare anche con la possibilità di dar un colore diverso al nostro gin, un limite che la distillazione non supera in quanto le molecole cromatiche non evaporano insieme all’alcol. Il Distilled di base è un miscelato che si può aggiustare e se per un verso può lasciare spazio alla fantasia di una composizione più ampia e variegata di sostanze naturali, nell’altro apre strade facili a una più industriale costruzione del gusto in maniera artificiale e sintetica.

Gin (o Compound Gin) – In quest’ultimo caso andiamo ad allargare ancora di più la libertà di tornare a bere un gin seguendo la tecnica dell’assemblaggio. Con un piede nel proibizionismo, in questo caso parliamo di una miscelazione a freddo tra un alcol e un alcolato (derivato dell’alcol ricavato tramite macerazione o distillazione), oppure tra alcolati differenti. Non ci sono regole o ricette e ancor di più in questo caso, si può sia dare spazio alla fantasia tanto attraverso processi svolti in autonomia utilizzando elementi naturali, quanto acquistando lavorati conto terzi e miscelandoli utilizzando anche sostanze artificiali. Questo libertinismo è l’anima ruvida degli anni in cui veniva prodotto illegalmente in casa nelle vasche da bagno e annovera origini antiche nel disciplinare che comprende il Jenever olandese, lo Steinhager tedesco e il Granjenever francese.

Ora, se pensate che abbiamo finito vi sbagliate, perché superando il regolamento europeo ci sono altre tipologie di gin che dovreste conoscere, anche se non sono disciplinate. A dirla tutta, con quelle che seguono entriamo nella vera storia del gin.

Old Tom Gin – Il “vittoriano”, ovvero la versione autentica del gin che nasce secondo la procedura dei London Dry, dalla quale viene però escluso per una maggiore concentrazione di zuccheri. La sua tendenza dolce in passato si attribuiva a una particolare miscela di botaniche, ma oggi è frutto di un aggiunta zuccherina che può arrivare anche al 4%. Plymouth – Siamo in una piccola cittadina a sud del Regno Unito, dove dal 1793 viene prodotta una delle tre Igt che hanno segnato la storia fino al 2016. Oggi, con l’entrata in vigore del regolamento europeo, il Plymouth è un London Dry Gin che conta sette botaniche.

Ora credo che possiamo ritenerci abbastanza soddisfatti, forse ci sarebbe altro da aggiungere sulle derive in liquori delle macerazioni da ginepro, ma se rimaniamo in tema gin abbiamo affrontato un campo di conoscenza base abbastanza ampio. Qualcuno adesso potrebbe dire - Ma la tonica? – Beh ci vorrebbe un articolo a parte, ma il consiglio che posso darvi e di preferire la più neutra possibile, evitando flavour invadenti e preferendo le sugar free.

Fatevi servire il gin nel giusto bicchiere, con poco ghiaccio, con la tonica a parte e con la specifica della parte da aggiungere sulla base di quella dello spirit, aggiungete lenta la tonica e conservatene l’effervescenza. Se poi siete degli amanti come me, assaggiate quanti più gin possibile, preferendo le lavorazioni naturali e fatelo in versione neat, ovvero puro e a temperatura ambiente, riserverete ai vostri gin tonic quelli che più preferite.

5 GIN DA NON PERDERE 

ADAMUS – Organic Dry Gin

Viene prodotto in Portogallo miscelando magistralmente 18 estratti botanici distillati singolarmente. Una selezione che racconta il calore di una terra in cui tutte vengono selezionate con cura per restituire un complesso balsamico, intenso nei suoi sentori floreali.Adamus gin_Cibovagare

MUNAKRA NIGHT BLOSSOMS – Handcrafted Dry Gin

In questo caso siamo a Vienna, in Austria, con una miscelazione botanica di 23 ingredienti naturali. Tra questi ci sono quattro fiori molto rari che sbocciano solo di notte: il gelsomino notturno, la ninfea rossa, l’enotera e la regina della notte. La freschezza floreale è la caratteristica principale di questo gin.Munakra gin_cibovagare

SALZ GIN ZU PLUN – Limited Edition Dry Gin

Questa volta siamo in Italia ed esattamente nel Trentino Alto Adige, in una distilleria che è stata la prima produttrice di gin in Italia. Il Salz Gin utilizza un’acqua parzialmente demineralizzata dell’isola di Sylt, nel Mare del Nord, da dove viene anche il finocchietto di mare presente tra le botaniche. L’ultimo passaggio di filtrazione avviene sulle valve di ostriche Sylt Royale e la sua caratteristica sono i sentori sapidi e rotondi, astringenti, ma con finali erbacei al palato.Salz gin_Cibovagare

GIN PALMA – Bio Distilled Gin

Il nome ci suggerisce il luogo affascinante dal quale viene la produzione di questo Distilled, una storia secolare che vede Palma De Maiorca legarsi alla distillazione di Gin Palma. Nel processo produttivo vengono utilizzate esclusivamente botaniche locali e coltivate biologicamente. Fiori selvatici e agrumi, provenienti da coltivazioni rurali di Maiorca, donano a questo gin un delicato retrogusto floreale e agrumato.Gin Palma_Cibovagare

MOTHER’S RUIN MEDITERRANEO – London Dry Gin

Chi lo avrebbe mai detto che in provincia di Arezzo si arrivasse a produrre uno dei migliori London Dry Gin che negli ultimi anni si sono affacciati al mercato. Eppure, eccolo lì, con sette botaniche ad affermare il suo “Spirito toscano” capace di aromi freschi e intensi. Il ginepro, la lavanda, l’arancia amara e la liquirizia, per dirne solo quattro, in un armonico equilibrio deciso e raffinato.

Potete cercare queste bottiglie davanti gli specchi dei cocktail bar, ma volendo potete anche acquistarle in rete. Il vostro miglior Gin Tonic deve ancora arrivare.
Mediterraneo gin_Cibovagare

 

ADV