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Damigiane che passione

La vendita delle bottiglie on line forse non è l'unico sistema per far volare le vendite


Gli stregoni del marketing da anni vedono nella sfera di cristallo la vendita del vino tutta proiettata su internet. A prima vista non si può essere in disaccordo: il mondo corre on line, dai cellulari fino alla spesa dei detersivi. Se invece avanzasse l’antica consuetudine della vendita di vino sfuso o il moltiplicarsi degli spacci aziendali, nonché delle boutique metropolitane delle aziende vinicole, sarebbe uno smacco al marketing?

Siamo un paese grondante di sfuso, fa parte della nostra storia di gita fuori porta con il ritorno colmo di damigiane (il 37% degli italiani acquista vino dai produttori), ma questa controversa realtà può anche permettere di raggiungere miglior qualità nella restante produzione in bottiglia. Un produttore di razza come Valentini di Loreto Aprutino è subissato da richieste delle sue damigiane, ma i suoi vini sono al top, da sempre, in tutte le guide. E chi pensasse che il suo sfuso sia uno scarto, consiglio un assaggio all’Osteria del Povero Diavolo di Torriana. Certo non tutto in circolazione è qualità: spesso sono anche ciofeche, specialmente da chi produce solo sfuso per un cliente alla ricerca del basso prezzo. 

Il fenomeno dello sfuso è in grande espansione: c’è chi conta già diverse migliaia di punti vendita sempre più organizzati e attenti alla selezione. Allo stesso tempo ci sono aziende vinicole che, di fronte alla crisi (di liquidità), come fanno i marchi noti di imprese degli altri settori, aprono le loro catene (come le cantine Due Palme) o punti vendita dove si può mangiare (come Frescobaldi). Siamo sicuri che il fatto su misura (il vino sfuso) non prevalga sulla vendita on line?

Sine qua non

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