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Giannino, il buono extra large

Nel locale milanese, molto di moda, niente vip e tanta cucina concreta


Che delusione! Pensavo di cenare vicino a veline, calciatori, bionde e brune targate Ford, invece mi sono trovato a fianco una decina di signore bene che festeggiavano un compleanno, di un imprenditore, costruttore di barche, grande gourmet, e di un produttore famoso per le sue bollicine. Chissà forse ho sbagliato serata, eppure il locale era affollato, come capita di rado di questi tempi, o il ristorante Giannino di Milano ha cambiato pelle.


La curiosità mi ha portato in via Pisani perché volevo descrivere un locale alla moda dove il mangiare è trasformato in un evento sociale arricchito dalla scenografia, una descrizione cara alla sociologa Joanne Finkelstein (nota per classificare i locali in sofisticati, rustici, d’affari e appunto alla moda) ma non sono stato sollecitato in questo, bensì concentrato su alcuni piatti. Pensavo di trovare caviale, ostriche, salmone e champagne, invece ho gustato un raviolo ripieno di osso buco con la gremolada, un fantasioso Altamura’s fish burger chips di patate croccanti e una curiosa simmenthal d’anatra con sottoaceti di verdure e croccanti cannoncini alla crema . 


Una scelta in linea con le attuali tendenze di una cucina concreta con qualche guizzo di originalità, costruita su eccellenti materie prime: la carne di vitello è a km 0, la battuta è di bove garonnese, le uova sono di Parisi, il culatello di Spigaroli. Un buon menu con larga scelta che può non essere per gourmet, perché il numero di coperti non lo permette (e i vini da selezionare). Però sarebbe ora di finirla con i pregiudizi verso i ristoranti extra large (simbolo che trova ampio spazio nella guida dei ristoranti del Sole 24 ore): meglio far parlare piatti e servizio. 


Sine qua non 


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