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Il Barbaresco come il mio bisnonno

Una sosta a Cascina Bruciata di Carlo Balbo


Il cortile terrazzato si affaccia sui morbidi pendii delle langhe: ai nostri piedi una teoria ininterrotta di vigne disegna i fianchi delle colline, sotto un luminoso sole autunnale. La Martinenga, Asili, Rabajà… Siamo nel cuore della DOCG Barbaresco, poco fuori dall’omonimo paese. Carlo Balbo si appoggia alla balaustra e mostra orgoglioso la sua terra, che si trova su Rio Sordo. Ha da poco ottenuto la certificazione biologica. Una scelta non facile al Nord, dove il clima crea condizioni sin troppo favorevoli alla diffusione delle malattie della vite.

“Me l’avevano detto, che qui non sarebbe stato facile… Però se c’è riuscito il mio bisnonno, ho pensato, perché io no?” La storia risale al 1880, quando il bisnonno Giovanni comprò Cascina Bruciata. Il vecchio proprietario, stanco dei continui incendi dolosi appiccati dai lavoranti per scucire qualche soldo all’assicurazione, la cedette accettando una dilazione di pagamento. Sfortuna volle che l'annata fosse così piovosa da annegare qualunque speranza di una buona vendemmia. Ma Giovanni spedì comunque i sette figli a dare il verderame sotto la pioggia battente. A forza di insistere, fu uno dei pochi ad avere un buon raccolto, grazie al quale riuscì a ripagare in un solo anno il suo debito.
 
Da allora la famiglia ha continuato a vendere le uve, finché Carlo nel 2000 ha deciso di vinificare in proprio, prima con l’enologo Guido Martinetti e ora con Francesco Baravalle. La conversione al biologico impone costante attenzione alla vigna: terreno ben drenato, inerbimento con orzo e favino per apportare sostanze organiche e tanta, tanta cura. "Possiamo utilizzare il rame e lo zolfo in quantità limitate. Vanno sparsi lentamente in modo che cadano sulle foglie, altrimenti non servirebbero. La sera prendo l’atomizzatore, verso le nove-dieci, e vado avanti piano piano. Finisco che è quasi mezzanotte. Un operaio non avrebbe tutta questa pazienza, ma così quest'anno sono riuscito a usare un terzo del quantitativo consentito. Meno è meglio è.”

Carlo applica lo stesso criterio ai solfiti: ogni anno sempre meno e solo in fase di travaso. Quest’anno tenterà di fare una barrique completamente priva di solfiti. Vedremo. Intanto il Barbaresco 2007 che assaggiamo ci racconta un po’ di questa terra. Rispetto ad altri cru della zona, Rio Sordo ha una maggior componente sabbiosa, che apporta eleganza alle uve. E in bocca si sente tutta: il Barbaresco di Cascina Bruciata profuma di marmellata di fragole, burro e cacao e in bocca è piacevolmente fine ed equilibrato.

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AZIENDA AGRICOLA CASCINA BRUCIATA 

DI CARLO BALBO
Strada Rio Sordo 46, Barbaresco (CN)

0173.638826

fbaravalle@cascinabruciata.it

www.cascinabruciata.it

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