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Questa ricetta è una favola

In tre volumi Gianfranco Vissani racconta centinaia di piatti della cucina italiana anni 50: oltre ai consigli di peparazione spiega prodotti poco noti e la loro storia


Sarà “La Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” (Pellegrino Artusi) di questo secolo, ovverosia “L’altro Vissani” opera in tre volumi (“Primo fra tutti”: antipasti e primi; “secondo a nessuno”: secondi, contorni e pane, “Dolce come pochi “: dessert; edito da Rai-Eri) di Gianfranco Vissani, cuoco da Baschi?

Chi vivrà…vedrà! Certo è che la prima star televisiva (ha debuttato nel lontano 1984) ha realizzato un ricettario (termine che non offre appieno i contenuti) originale rispetto agli altri numerosi volumi di cucina che, specialmente in questi mesi, affollano i banchi delle librerie.


Innanzitutto non ha lo stile metallico, senza cuore e senza anima, tipico soprattutto dell’esercito dei blogger, dove la ricetta assume il ritmo pop da fast food, al grido di: “prepara e ingurgita”. E’ altresì diverso anche da molti altri chef che, autori per presenzialismo in libreria, offrono le loro creazioni, quasi fossero opere d’arte, uniche, irripetibili. Per farle credere tali rendono assai difficile la realizzazione dei loro piatti con operazioni impossibili in una cucina di casa.




Soprattutto la scrittura dei tre volumi di Vissani è algida, moderna, scorre piacevolmente arricchita qua e là da ricordi, riferimenti, perfino cenni storici del territorio, note divertenti, così come si legge nell’Artusi a proposito di Tugnazz, il mangiatore di salsicce o di Carlino, nostalgico dei cappelletti. Così Vissani, a proposito della minestra di riso e fegatini: “sembra che nelle campagne della Lombardia e in molte altre zone lungo il Po la minestra di riso e fegatini fosse un piatto rituale per gli sposi. Non è chiaro se per futuri sposi o sposi novelli…”. Insomma racconta la ricetta, più che dettarla, cerca di mettere a proprio agio chi cerca di ripeterla, magari a casa, e non si atteggia a professore con il “mestolo” in mano, pronto a castigare al primo errore. 


La novità che trovo di maggior interesse nei tre volumi sono le note in rosso a seguito della ricetta, dove quasi sempre appare o un’innovazione alla ricetta stessa (quid) o, ancor più utile, la descrizione di un prodotto, solitamente poco conosciuto. Ebbene la conoscenza del patrimonio dei giacimenti gastronomici italiani di Vissani è sempre stata uno dei punti di forza della sua cucina: li conosce, sa dove trovarli e soprattutto utilizzarli. Questo suo racconto di cucina, territorio, cultura materiale è un mix che rende scorrevole la lettura, rispetto ad altri manuali, anche grazie alla nota a piè di pagine (“Viaggio in Italia”), dove scorrono annotazioni gastronomiche, turistiche e perfino salutistiche, quasi a voler percorrere la strada battuta, a suo tempo, dall’ Artusi.


Certo il contenuto delle ricette non è artusiano, e neppure degli anni’50, dove forse ancora si cucinava il pesce finto o il pancotto, retaggio della guerra, ma offre uno spaccato che si rifà alla cucina delle nonne, riproposta al ristorante, ma con tutti i cambiamenti di oltre cinquant’anni e con la voglia di stupire il commensale. Una cucina, anzi le cucine dei tanti campanili d’Italia, legate al territorio e ai suoi prodotti, riproposte da un cuoco con la sua lunga esperienza e creatività, quasi a voler significare: “la tradizione è un’innovazione riuscita”. 


In realtà Gianfranco Vissani da sempre ha creato piatti che non hanno rincorso le mode (nouvelle cuisine, fusion, destrutturata), ma sono sempre stati in qualche modo legati alla tradizione italiana con i suoi prodotti, o hanno stupito per qualche combinazione. E forse per questo, nonostante non sia stato influenzato dall’ondata spagnola e nord europea o dalle correnti culinarie nostrane, è stato premiato sempre con i primi posti dalle guide gastronomiche italiane. 


I suoi tre volumi, al grido di “torniamo agli anni’50”, sono un’operazione scaltra, innanzitutto perché ha intuito che il vento spira verso una cucina semplice e di sostanza, senza fronzoli, costruita con i giacimenti dei diversi territori (come insegna l’attuale interesse verso il Km 0), lontana dalla stessa opulenta cucina degli ’60 (quelli del boom). Così Vissani, affermando la fine della cucina spettacolo in tv, ha altresì compreso con arguzia che i saltimbanchi della padella corrono verso il capolinea. Davvero bizzarro però che sia colui che ha trasformato il video in un vero e proprio barnum annunci la fine! Che sia questo un outing interessato per guardare al dopo 2012?


Sine qua non 


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