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Zuppa e casoncelli in un'autentica trattoria

Val la pena affrontare qualche tornante, fino a quota 650 metri, per gustare la cucina di Michele Valotti


“Da noi non si passa per caso, bisogna venirci apposta e noi dobbiamo offrire qualcosa di speciale”. Che non ci si passi per caso è proprio vero perché per arrivarci bisogna affrontare qualche tornante e raggiungere quota 650 metri, ammirando la provincia bresciana sia nel tragitto, sia una volta sul posto. Ancor più vero lo speciale che offrono: un autentico assaggio del territorio, in tutte le sue sfumature, che parte dai produttori amici, passa in cucina tra le mani di Michele Valotti e arriva a tavola con tanto di riferimenti scritti fino al dettaglio del telefono sul menù, ma soprattutto raccontati dalle persone in sala.
 

Un piatto è buono, un ingrediente è di qualità, e questo lo sanno fare in tanti. Qui a fare la differenza sono le cose che non si vedono, la passione, la poesia e la storia delle persone, che riempiono questa meravigliosa dispensa di prodotti che ogni volta hanno qualcosa di diverso da dire. E’ una vera e propria missione quella che portano avanti Michele e Silvia, i due giovani e coraggiosi padroni di casa, all’antica forse, per l’estraneità a social, internet, giornalisti, ma proprio per questo una missione riuscita in quanto autentica. Il passato si sente anche solo entrando nel locale. L’arredamento, gli oggetti di recupero invecchiati dal tempo, i tavoloni da Osteria, ma anche semplicemente l’atmosfera di casa che ti avvolge.
 

Aprire la carta è un vero e proprio viaggio dai laghi ai monti, passando per le colline bresciane, con un grande applauso per dare all’orto un ruolo da protagonista. C’è la tradizione, sapientemente attualizzata e c’è la creatività, indiscussa e mai banale, che osa in alcuni accostamenti ed è accomodante in altri. C’è la rusticità nel servire le portate direttamente nelle padelle o in terrine o sul legno ma anche l’estrema raffinatezza dei piatti e presentazioni. Insomma c’è il divertimento di valorizzare ciascun ingrediente e per chi lo assaggia di assaporarne l’unicità.


La zuppa del raccoglitore, a base di erbette spontanee raccolte da uno dei loro amici, è il benvenuto a sorpresa che ci regalano. Scegliere di presentarsi così non lascia dubbi su quanto seguirà. Tra i piatti autoctoni e contadini imperdibili lasciatevi tentare da una zuppa di cipolle di origine camuna, Strachì parat, cotta lentamente per ore e mantecata con una formaggella di stracchino e l’Cuz, pecora autoctona allevata in alpeggio, bollita, brasata e aromatizzata al ginepro e chiodi di garofano.

Sublimi, e non esagero, i primi piatti: la sfoglia sottile dei casoncelli che avvolge il morbido ripieno è accarezzata dal burro e profumata dalla vaniglia; la scioglievolezza degli gnocchi di ricotta accoglie la croccantezza del sedano e il colore del pesto di mandorle. Sentire la spiegazione di come vengono fatti è come essere trasportati in cucina a prepararli con Michele. Proseguiamo poi con una delicatissima insalata di gallina nostrana per poi spiccare il volo con la “Barbina” affumicata e cotta nel fieno di monte. D’obbligo un giro tra gli splendidi formaggi e, se c’è ancora un posticino, con la torta di pane, per rimanere al passato, o con il sorbetto estemporaneo, per essere attuali. La carta dei vini segue la filosofia del tutto, con una decisa matrice territoriale, biologica/biodinamica, e con qualche divagazione, sempre di pregio. 

Imperdibile è dir poco!
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TRATTORIA LA MADIA

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