Etna DOCG: sessanta giorni e cento firme per la vendemmia 2026
Alle pendici del vulcano, produttori e istituzioni uniscono le forze per una DOCG che darà nuovo valore all’enoturismo e al vino dell’Etna.
Sulle pendici dell’Etna si respira un’energia concreta. La senti nell’aria calda che profuma di zolfo, tra i muretti a secco, nelle vigne che scendono verso il mare. È la forza di una comunità che crede nel potere del vino come linguaggio universale e come chiave di sviluppo del territorio. Oggi quella energia ha un nome e una scadenza: DOCG, vendemmia 2026.
I vini dell’Etna sono a un passo dal massimo riconoscimento qualitativo previsto dalla normativa italiana. Mancano “solo” sessanta giorni e un centinaio di firme per completare la documentazione che consentirà al Consorzio di Tutela Etna DOC di presentare al MASAF la richiesta ufficiale di passaggio a Denominazione di Origine Controllata e Garantita.
Durante il convegno “Opportunità e strumenti per la crescita del sistema Etna Wine”, svoltosi a Catania, Patrizio D’Andrea, vicecapo di Gabinetto del Ministero, ha chiarito la sfida: «Se le firme arrivano entro dicembre, l’avanzamento della procedura è un obiettivo difficile, ma non irrealizzabile». Un messaggio che ha acceso entusiasmo e concretezza in un comparto in pieno fermento.

Piccoli produttori, grande identità
Negli ultimi dieci anni i produttori etnei sono passati da poco più di duecento a quasi cinquecento. Un dato che parla da solo: il vulcano è diventato uno dei poli più dinamici del vino italiano.
cantine familiari, giovani vignaioli, nuove generazioni che lavorano fianco a fianco con chi da decenni custodisce vitigni come Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio e Carricante, le anime di questo territorio unico.
«Come consorzio – racconta Marco Nicolosi, consigliere del Consorzio di Tutela Etna DOC – abbiamo già la superficie necessaria per la richiesta, ma l’obiettivo ora è coinvolgere i piccoli agricoltori, raccogliere i documenti e spedire tutto entro il 2025».
Dietro ai numeri, c’è una visione: un sistema che punta a rafforzare il brand “Etna Wine”, con un controllo di filiera ancora più rigoroso, analisi ufficiali, sigilli di Stato e una qualità costante che rafforzi la reputazione internazionale.

Università e comuni: una rete che cresce
Accanto ai produttori, anche il mondo accademico e le istituzioni locali si stanno muovendo in sinergia.
Il rettore dell’Università di Catania Enrico Foti ha annunciato la nascita della Fondazione Unict, che coinvolgerà soggetti privati e pubblici per creare percorsi formativi specializzati nel settore agroalimentare e vitivinicolo. Un segnale chiaro: per competere, serve conoscenza.
Sul fronte istituzionale, i sindaci dei comuni etnei – da Sant’Alfio a Linguaglossa, passando per Castiglione di Sicilia – condividono una visione comune: costruire un sistema coordinato, capace di gestire insieme le sfide quotidiane e promuovere il territorio come un’unica destinazione del vino.

Il valore aggiunto della DOCG: una spinta per l’enoturismo e il territorio
Ottenere la DOCG non è solo una medaglia. È un passo che può trasformare l’esperienza dell’Etna, dentro e fuori la bottiglia.
Per i wine lover internazionali, la sigla rappresenta una garanzia chiara, una bussola per riconoscere vini di origine controllata, qualità verificata e storia autentica. Per i produttori, invece, è un linguaggio comune che eleva il territorio e lo rende competitivo accanto ai grandi nomi italiani già DOCG.
In modo semplice ma concreto, la DOCG porterà cinque vantaggi chiave:
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Più fiducia nei mercati e tra i visitatori
La DOCG parla un linguaggio universale di qualità. Il turista straniero, davanti a un calice di Etna DOCG, saprà di degustare un vino garantito, tracciato e riconosciuto dallo Stato italiano. -
Una narrazione più forte e credibile
Raccontare il vino sarà più facile e più affascinante. Il marchio DOCG renderà immediato il valore di un territorio dove ogni contrada ha una voce diversa, e ogni vigneto dialoga con il vulcano. -
Maggiore attrattività turistica e investimenti
La nuova denominazione spingerà le cantine a investire ancora di più nell’accoglienza: sale degustazione, wine resort, esperienze immersive, trekking tra i filari lavici. Un turismo del vino “premium”, che lascia valore sul territorio. -
Posizionamento internazionale
La DOCG colloca l’Etna tra le grandi denominazioni italiane. È una carta d’identità autorevole nei mercati esteri e una leva per conquistare nuovi visitatori, buyer e comunicatori del vino. -
Economia e comunità più forti
L’indotto crescerà: non solo per le cantine, ma anche per ristoranti, agriturismi, artigiani e produttori locali. La DOCG è un marchio di reputazione collettiva, che spinge tutti nella stessa direzione.
In sintesi: la DOCG non cambierà l’anima dell’Etna — fatta di pietra, lava e coraggio — ma le darà una voce più forte nel mondo, rafforzando la credibilità di chi ogni giorno coltiva questa terra con passione.
Un vulcano che non si ferma
Il convegno di Catania ha mostrato un settore in pieno fermento: architetti come Filippo Bricolo hanno evidenziato l’importanza del progetto estetico nella cantina contemporanea (“pensare la cantina come racconto del vino”), mentre gli esperti di Coldiretti e dell’Università di Bologna hanno rilanciato l’importanza del brand “Etna” come leva di marketing territoriale.
Intanto, si guarda oltre i confini nazionali: con l’apertura di una sede etnea dell’Istituto Regionale dell’olio e del Vino a Mascalucia, e l’interesse crescente verso il mercato brasiliano — ancora quasi vergine — grazie ai contatti con il Consolato d’Italia a Porto Alegre.
Sessanta giorni e cento firme: è il conto alla rovescia per un traguardo che può cambiare la storia recente del vino siciliano. Ma al di là del riconoscimento, resta l’essenza di questa terra: una rete di persone che credono nel valore del lavoro, nella bellezza del paesaggio e nella forza delle idee condivise.
Sull’Etna, il vino non è mai solo vino. È identità, cultura e futuro....una tappa doverosa per Vinovagare.

