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Il caprino di Marilyn Monroe

Si chiama fatulì e viene realizzato con il latte della capra bionda dell’Adamello che rischiava di estinguersi


Si produce nella valle del Saviore, un ramo laterale della Val Camonica, in provincia di Brescia. È piccolo, ha una forma cilindrica con facce piane e un colore dorato tendente a un marrone più o meno carico in base all’affumicatura. Viene realizzato con il latte crudo e intero dell’autoctona capra bionda dell’Adamello.

Il fatulì, il cui nome in dialetto significa “piccolo pezzo” è un cacio raro da trovare: ci sono solo pochi malgari a lavorarlo e la razza, da cui proviene il latte, conosciuta dagli addetti ai lavori come la Marilyn Monroe delle capre, oggi è in via di recupero per il rischio di estinzione causato da tentativi di rimescolamenti genetici perpetuati negli anni. La produzione del fatulì è artigianale e avviene nel periodo che va dalla primavera alla fine dell’estate. Il latte, appena munto, viene riscaldato in paioli di rame su fuoco di legna e lasciato coagulare. La cagliata così formata viene rotta, riscaldata di nuovo e rimescolata.

Una volta terminata la cottura, il composto viene versato su fascere, sgrondato dal siero e salato. A questo punto il fatulì è pronto per la fase che più caratterizza la sua personalità: l’affumicatura. Il formaggio, posto su apposite griglie, è messo all’interno di un camino dove bruciano rami e bacche di ginepro. Le piccole forme, la cui crosta è solcata da caratteristiche righe lasciate dalla grata, sono poi asciugate e sistemate in cantina dove la stagionatura si può protrarre fino a sei mesi. La pasta, gialla, elastica e compatta, presenta spesso delle piccole occhiature. Il gusto? Beh, quello sta a voi scoprirlo… Vi diamo solo due dritte: provate ad accompagnare questa chicca casearia con del pane di Pontremoli e del Pinot Bianco trentino, non ve ne pentirete!

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