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Il pollaio sociale di Milano

A Milano ha inaugurato il primo pollaio sociale, che permette ai keepers di avere uova fresche. Il racconto, la ricetta delle uova in trippa e il wine-pairing con un Collio Bianco.



Da sempre coltivo un sogno: vivere in campagna circondata da tante galline. Sul primo punto ci sto ancora lavorando, ma di certo non avrei mai detto che Milano mi avrebbe permesso di realizzare il secondo. Ebbene sì, perché, dalla scorsa settimana, e per un anno intero, avrò una gallina.

E, ovviamente, beneficerò delle sue uova. Il tutto è stato reso possibile dal progetto Adotta una gallina!, promosso da Soulfood Forestfarms Hub Italia sui terreni messi a disposizione da CasciNet, all’interno del Parco della Vettabbia, in zona Parco Agricolo Milano Sud.

Su queste terre, il gruppo aveva già realizzato una agroforesta, un sistema agricolo, sempre più in voga negli ultimi anni, che supera la consueta distinzione tra area coltivata e area incolta/spontanea tipica dei sistemi occidentali di agricoltura intensiva. L'agroforestazione prevede, infatti, la piantumazione promiscua di varie specie di alberi e arbusti, sia da frutto, sia utili all’habitat e alla rigenerazione del terreno, che vengono gestiti razionalmente in consociazione con seminativi e/o pascoli.pollaio_cascinet Nei campi di CasciNet, tra via dell'Assunta e via Vaiano Valle, gli animali erano l’ultimo tassello che mancava per completare il ciclo rigenerativo dell’area agroforestale: da qui l’idea di inserire delle galline, vere e proprie concimatrici attive, con il loro razzolare e le loro preziose deiezioni. La realizzazione di pollai mobili e la loro gestione sono state rese possibili grazie a un Crowdfunding Civico supportato dal Comune di Milano, che ha previsto diverse modalità di adozione, e quindi di donazione, per poter partecipare al progetto e beneficiare delle uova prodotte dalle galline.Pollaio_Cascinet_MilanoDopo qualche mese di rodaggio, a settembre, ha finalmente preso il via la distribuzione tra gli adottanti delle uova di oltre 100 galline, che annoverano diverse specie. Ci sono le Livornesi, dal piumaggio bianco e dal corpo agile che permette loro di alzarsi in volo fino a 3 metri; ci sono le classiche Isa Brown; le eleganti Sussex, bianche con collare nero; le Valdarno nere e le produttive Blue bell. «Presto arriveranno anche delle razze antiche lombarde, la Mericanel della Brianza e la Milanino, che ci verranno donate nell’ambito dei progetti attivi presso il Dipartimento di Medicina Veterinaria e Scienze Animali dell’Università degli Studi di Milano» ci ha rivelato Alice Giulia Dal Borgo, advisor scientifico dell’iniziativa e Professore Associato presso il Dipartimento di Beni Culturali e Ambientali dell’Università, dove insegna Geografia dell’ambiente e del paesaggio e Analisi dei sistemi paesistico-ambientali.Galline_Cascinet_Milano«Sono specie che ben si adattano alle caratteristiche del sistema agrosilvopastorale e che ci permettono di aumentare la Biodiversità del pollaio, a tutto beneficio dell’ecosistema. La creazione di un ambiente agrosilvopastorale urbano – ci ha spiegato Alice – fornisce, infatti, importanti servizi ecosistemici, quali regolazione microclimatica, ripristino della fertilità organica del suolo, stoccaggio di carbonio, ripristino della biodiversità funzionale, miglioramento della qualità estetica del paesaggio, ma anche il recupero dei legami di comunità e della coesione socio-territoriale, che verranno studiati da un gruppo di ricerca interdisciplinare dell'Università degli Studi di Milano.

Grazie al progetto Adotta una gallina!, infatti, è stata creata la prima comunità milanese di #keepers urbani di galline: un vero e proprio pollaio sociale, che si ispira alle Comunità a Supporto dell’Agricoltura (CSA) e che attua un modello di rigenerazione socio-territoriale autentico e replicabile anche in altri quartieri e città». Non a caso sono già diverse le amministrazioni comunali e le Associazioni interessate a riprodurre questo modello, che ci auguriamo possa essere solo il primo di una lunga serie.Uova_gallline_Cascinet

UOVA IN TRIPPA

Se avete avuto esperienza di uova “contadine”, non serve che stia a sottolineare quanto queste ultime siano di gran lunga più gustose e appaganti delle uova “industriali”. Crude, con un pizzico di sale e limone o semplicemente al tegamino, sanno già regalare grandi soddisfazioni.

Ma per variare le propongo in una ricetta semplice, tratta dalla cucina popolare romanesca. Si ispira alla ricetta della trippa al sugo alla romana, celebre pietanza del quinto quarto capitolino ma, al posto dell’abomaso bovino, si usano le uova, abbondantemente cosparse di pecorino romano. Il risultato è molto simile dal punto di vista di aromi e consistenze.

Indispensabile, però, per la corretta realizzazione del piatto, la presenza della mentuccia (Nepetella), che conferisce all’insieme una freschezza balsamica irrinunciabile. A Milano è meno facile reperirla, ma non è impossibile trovare piantine spontanee in qualche campo oppure acquistarle direttamente dal vivaio.

LEGGI LA RICETTA

Uova in trippa_Cascinet

IL VINO DA UOVA

Le uova hanno un’aromaticità delicata, una sottile sensazione dolce e una buona grassezza, per cui di solito si legano bene ai vini profumati e piuttosto alcolici, dal potere sgrassante. In questo piatto abbiamo, però, anche la presenza del soffritto e del pomodoro, che aggiunge ulteriore dolcezza, ma anche una buona dose di acidità. Per non parlare del Pecorino romano, con la sua sferzata di sapidità.

È necessario, quindi, un bianco di buon corpo, poco acido e dal buon grado alcolico. Possiamo indirizzarci tranquillamente verso un Trebbiano spoletino, di cui abbiamo parlato nel precedente articolo, oppure optare per un tradizionale Collio Bianco che abbia avuto un periodo di invecchiamento, risultando quindi maggiormente strutturato e complesso, come il Collio DOC Bianco Riserva dell’azienda friulana Gradis’ciutta.

Un vino, detto Coglianer dal mercato austriaco per cui era inizialmente pensato, che, come si legge in un libretto del 1931 dello storico triestino Francesco Babudri, «una volta era di prammatica accompagnare alle trippe fumanti dopo la mezzanotte, quando ormai la imposizione del digiuno natalizio era scaduta».

Gradisciutta_vino_Cibovagare

Prodotto da un blend di uve autoctone locali quali Friulano (60%), Malvasia (25%) e Ribolla gialla (15%), coltivate sui tipici terreni del Collio ricchi di marne e arenarie, detti “ponca”, il vino matura tra acciaio e botte grande per 12 mesi, sulle fecce.

Nel calice si mostra di colore oro carico, con olfatto intenso di frutta gialla matura, tra cui anche ananas, poi erbe aromatiche (nepetella), fiori di campo e lievi note tostate. Il sorso è rotondo, morbido e grasso, con exploit salino e un finale asciutto con ritorni di frutta estiva matura.

Un vino strutturato ma agile, che noi, invece che alle "trippe fumanti", abbiniamo alle uova in trippa, piatto di cui riprende all'olfatto le aromaticità fruttate e persino i sentori erbacei della mentuccia, mentre col suo corpo rotondo e pieno contiene la componente acida del pomodoro, conferendo anche una piacevole sapidità all'insieme.

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