Dolce Passione: la storia di un cocomero che sa di squadra, ricerca e futuro
Dal campo alla tavola, la storia autentica del cocomero Dolce Passione, nato da una filiera italiana e da sette anni di ricerca varietale.
Chi ha detto che un cocomero è solo un cocomero? Alcuni frutti sanno raccontare una storia, e Dolce Passione è uno di quelli. Dietro quella buccia scura, lucida come l’ossidiana, si nasconde un viaggio che parte dalla terra e arriva fino a noi. Un viaggio fatto di mani che coltivano, occhi che osservano, teste che progettano e cuori che credono.
Non è una trovata da marketing, ma una sfida vera, che ha unito quattro eccellenze agricole italiane – oltre a Lamboseeds – Lorenzini Naturamica (Sermide, Mantova), Alma Seges (Eboli, Salerno) e Ortofrutta Castello (Stanghella, Padova) – tutte affini per valori: amore per il lavoro, rispetto per la natura e un’idea condivisa di qualità. È così che è nato il Consorzio Dolce Passione, una filiera che oggi produce l’unica anguria a buccia nera interamente made in Italy.
Un frutto nato dalla terra… e dalla testardaggine di chi ci crede
A Sermide, nella Bassa Mantovana, ci si arriva percorrendo strade che profumano di campagna. È lì che si trova Lorenzini Naturamica, una delle aziende fondatrici del Consorzio insieme a Lamboseeds, Alma Seges e Ortofrutta Castello. Durante un evento aperto ai visitatori, il direttore del Consorzio, Luciano Trentini, ha scattato una foto semplice ma potente: un campo, il sole, e quella strana anguria scura al centro. L’ha chiamata “Dolce Passione”. Nome scelto non a caso.
Perché ci vogliono davvero passione, costanza e tempo per arrivare fin qui. La varietà che la rappresenta – Giotto – è il risultato di sette anni di ricerca da parte di Lamboseeds, azienda che si occupa di genetica vegetale. La buccia è sottile, scura, perfetta. La polpa, croccante, senza semi e rossa come un tramonto d’estate. E poi, è dolcissima: supera i 12‑13 gradi brix, per chi ama i numeri.
Un racconto che parte dal campo
Durante la visita ai campi, Pietro e Cristiano Lorenzini hanno accompagnato i presenti in mezzo a 92 000 piante di anguria, su un terreno di 23 ettari. La raccolta, iniziata a fine giugno, durerà fino a ottobre. Ogni pianta è frutto di un equilibrio tra natura e tecnica, con coltivazione in serra e pieno campo, per garantire una produzione sostenibile e costante.
Una volta raccolte, le angurie entrano nel magazzino. Qui c’è un passaggio che ha quasi dell’incredibile: ogni frutto viene testato con un rifrattometro per verificarne la dolcezza. Solo quelli con almeno 12 gradi brix ottengono il bollino Dolce Passione. Poi un raggio laser incide la buccia con il marchio e il numero di tracciabilità. È un modo per dire: “So da dove vengo, chi mi ha coltivato e quanto ci ha messo del suo.”
Perché proprio ora, perché proprio qui
Il momento è quello giusto. Il clima cambia, i gusti si evolvono, e noi consumatori cerchiamo sempre di più trasparenza, sostenibilità e stagionalità. “Il nostro progetto nasce prima di tutto dall’ascolto del consumatore”, ha raccontato Carmine Alfano di Alma Seges. Dolce Passione non è stata inventata in laboratorio: l’hanno pensata parlando con chi l’avrebbe gustata.
Anche lo chef Mauro Spadoni ha colto il potenziale: l’ha usata per un menù completo, dall’antipasto al dolce. Perché un cocomero non è solo una merenda estiva, ma può diventare ingrediente creativo, sorprendente, gastronomico.
Guardare avanti, restando con le mani nella terra
Oggi il Consorzio coltiva circa 200 ettari e guarda già al futuro: test su nuove angurie con polpe colorate, tecnologie per monitorare i campi in tempo reale e innovazioni in chiave sostenibile. Come ha detto Stefano Rossi, di Lorenzini Naturamica: “Il futuro dell’agricoltura è nella sostenibilità, nella tracciabilità, nell’innovazione che rispetta la terra.”
E a noi cosa arriva?
A noi consumatori attenti, arriva un frutto dal gusto vero, nato da chi non ha fretta e sa prendersi cura delle cose. Dolce Passione non è perfetta perché lo dice un bollino, ma perché è il risultato di un sistema che funziona, fatto di competenze condivise, agricoltura pulita, filiera corta e un pizzico di coraggio.
E poi, diciamolo: tagliare una fetta di questa anguria, nera fuori e rossa dentro, è già un piccolo spettacolo. Il primo morso fa il resto.
Hai già assaggiato un’anguria a buccia nera? Ti ha emozionato come ha emozionato noi?
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Perché i frutti più buoni sono quelli che, come le storie, vale la pena raccontare insieme.