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Rivoglio la Luisona!

Nostalgia di riti e conviti nei bar di una volta


Che tristezza “Bar sport”. Il riferimento non è al bel libro di Stefano Benni, né al film, uscito recentemente, ma al sentimento che si prova dopo essere usciti dal cinema, perché quel luogo, oggi non luogo (come in autostrada o in supermercato), non esiste più a cominciare dalle insegne, sostituite da marchi commerciali oppure da un'aggiunta “wine” che fa tendenza. Che occasione mancata non chiamarlo spumabar o gazzosabar negli anni 60-80 quando era di moda chiedere latte e orzata o birra e gazzosa; insomma un Cuba libre o un mojito di oggi . 


Il tempo macina i ricordi, il costume rottama mode e stili, così come è stato trasformato pure il Bar Mario di Luciano Ligabue. Ciò che vive ancora è la mitica “Luisona” (brioche, incorniciata nella sala biliardo nelle pagine di Benni) mentre il cornetto dei bar anni 2000 è ibernato-surgelato solo per nasconderne la data di nascita. Ma è un senza nome, non ha un’anima, come la Luisona, perché l’era della Coca Cola ha preso il posto della civiltà del Chinotto, quando il bar era teatro dell’incontro, luogo che legava socialmente diverse dichiarazioni dei redditi, analfabeti e intellettuali, di destra o di sinistra, tifosi di Milan e Inter, di Lazio e Roma, di Merckx e Moser. Oggi il bar è sinonimo di fretta: caffè trangugiati con la rapidità di un velocista, di cui non si ascoltano i profumi e i sapori; forse per questa ragione si bevono espressi di mediocre qualità, preparati con noncuranza da baristi che cambiano ogni giorno e non riconoscono il cliente al grido: “il solito”.


Il marocchino ha spazzato via il domestico caffè-latte, l’esotico caffè al ginseng ha spodestato i popolari mistral e sambuca; il gotto di rosso locale è diventato un calice di chardonnay. Le fette di pane dove facevano capolino salame o mortadella sono ormai nella dispensa dei ricordi: oggi, voilà, piatti pronti seriali, truccati dai microonde o da cucine di emergenza (sanitaria) che sbucano dai sotterranei o da improbabili dietro i banchi. Il Bar Sport consentiva tempi lunghi: al mattino cappuccino e lettura della Gazzetta dello Sport, dopo pranzo caffè con dibattito sullo sport o la politica, per poi chiudere la sera con flipper, calcioballila, biliardo, televisione, briscola, scopone. Ah, come mi manchi Bar Sport del mio paese (purtroppo è stato chiuso con il funerale di una Luisona). 


Sine qua non

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