Dalla Calabria una melanzana buona anche nei dolci
Dal Tirreno al Monte Cocuzzo nasce una melanzana sorprendente: dolce, versatile e oggi tutelata da Slow Food

Quando torno a Longobardi ho sempre la sensazione di muovermi dentro una Calabria completa. In pochi chilometri passi dal Tirreno alle colline, poi su fino al Monte Cocuzzo, che con i suoi oltre 1.500 metri veglia sul paese come un guardiano silenzioso. È una terra che ti educa allo sguardo lungo: mare davanti, montagna alle spalle, campi nel mezzo. Qui l’agricoltura non è una posa, è un ritmo quotidiano.
Longobardi è un borgo di poco più di tremila abitanti, in provincia di Cosenza, affacciato sul Tirreno ma profondamente agricolo. Uliveti, orti familiari, piccoli appezzamenti che resistono. cipolle rosse, fichi dottati bianchi, pomodori, fagioli, aglio. E poi lei, la melanzana violetta, che da queste parti non è una coltura tra le tante: è identità.

L’ho sentita nominare fin da ragazzo. Non come specialità, ma come “a mulinciana”, punto. Perché a Longobardi non servono aggettivi: se è melanzana, è quella violetta. Buccia sottile, forma allungata, pochi semi, polpa soda. Soprattutto, una dolcezza naturale che la rende diversa da tutte le altre. Una dolcezza che spiega perché qualcuno abbia avuto il coraggio – e l’intelligenza – di usarla persino nei dolci.
La prima volta che ho assaggiato la violetta candita ho capito che non era un’operazione di fantasia, ma di rispetto. Claudio Villella, cuoco dell’Alleanza Slow Food, ha avuto l’intuizione di inserirla in un panettone. Non per stupire, ma per raccontare fino in fondo cosa può diventare un prodotto quando nasce nel posto giusto ed è coltivato con pazienza.
La coltivazione, qui, segue ancora gesti misurati. Le piante crescono in verticale, sorrette da legno, ferro o spago, arrivano anche a un metro e mezzo. Ogni pianta produce due o tre chili di frutti. In totale, circa 150 quintali all’anno. Il trapianto avviene tra maggio e giugno, la raccolta comincia dopo due o tre mesi e, se il tempo è clemente, arriva fino a novembre. Dicembre, a volte, sa ancora di melanzane.

I produttori che oggi aderiscono al Presidio Slow Food sono sette. Si sono riuniti in una cooperativa che già nel nome dice tutto: Lady Violetta. A raccontarmelo è stato chi lavora la terra ogni giorno, con l’orgoglio tranquillo di chi sa che quel prodotto non ha bisogno di essere spiegato troppo. «Trovare un longobardese che preferisca un’altra melanzana è praticamente impossibile», mi hanno detto sorridendo. Non era una battuta.
In cucina la violetta non pone limiti. Sott’olio, prima di tutto: un rito domestico, una scorta che non manca mai. Fritta, al forno, arrostita, stufata, essiccata. Entra nelle polpette, nelle melanzane ripiene, nella pasta con la salsiccia. Diventa calabresella, una stratificazione golosa con uova e formaggio di capra. Ogni famiglia ha la sua versione. Ogni casa una storia.

Il riconoscimento come Presidio Slow Food arriva a suggellare un percorso che parte da lontano e guarda avanti con concretezza. Inserita nel progetto Presidiamo la Calabria, la melanzana violetta di Longobardi rappresenta una Biodiversità che non ha mai smesso di essere vissuta. Non una riscoperta, ma una continuità finalmente tutelata.
Per me, che questa terra la porto addosso, Longobardi è la dimostrazione che la Calabria non ha bisogno di essere reinventata. Ha bisogno di essere ascoltata. Nei campi che scendono verso il mare, nei racconti dei produttori, nei piatti che cambiano da una stagione all’altra senza perdere coerenza. Anche una melanzana, qui, riesce a raccontare tutto questo. Perfino quando finisce in un dolce.