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Viva la trippa di baccalà

Trippa di baccalà. Dalla cucina popolare alla haute cuisine



La sua storia recente ricorda molto Cenerentola che, povera in canna, grazie alla scarpetta incontra il Principe.

Così è per il baccalà (e stoccafisso), un tempo “impiccato” nei banchi delle fiere di paese o nei mercati periferici, oggi invece, da molti chef immortalato nei menu dei più prestigiosi ristoranti.

Forse possedeva, da sempre, virtù nascoste ma il suo prezzo di un tempo e la sua “condizione popolare” lo avevano sempre collocato nella cucina di casa o nelle osterie, tuttora molto presente in Veneto, dove anche lo stoccafisso viene chiamato baccalà. 

Le origini del baccalà

Povero ma ricco di pedigree culturale, a partire dal Concilio di Trento, dove, per contrastare Martin Lutero, ispirò un padre svedese a decantare le lodi dello stockfish, per passare a Bartolomeo Scappi, a Ippolito Cavalcanti, all’Artusi e a Manuel Vasquez Montalban che gli ha dedicato: “Riflessioni di Robinson davanti a 120 baccala’”.

E’ stato protagonista anche di accesi scontri tra vicentini e veneziani che si contendono paternità di pietanze e primogeniture.

Il merluzzo, da cui baccalà e stoccafisso (o stocco), può essere pescato, sia con la pesca di rete sia con la pesca di lenza; nell’Oceano Atlantico (Gadus morthua), sia nel Pacifico (Gadus macrocephalus), un’attività regolata da quote e consentita da settembre a febbraio. Nel caso dello stoccafisso viene usato solo il “Gadus morthua” pescato nelle isole Lofoten.

I menù a base di baccalà

Negli ultimi anni il baccalà-stoccafisso è diventato protagonista nella haute cuisine, Max Alajmo nel suo nuovo “Le Calandre“ ha fissato al soffitto pelli di baccalà islandese, oltre ad inserire da tempo nel menu piatti quali: “mantegnato di baccalà“ o il Bac-burger di baccalà mantecato e gamberi rossi crudi. Lo chef bistellato Nino Di Costanzo del Mosaico dell’hotel Manzi Terme di Casamicciola serve il suo baccalà mantecato al latte di bufala croccante, lattuga di mare con zuppetta.

Oliver Growig dell’Olivo del Capri Palace addirittura due piatti: la trilogia di baccalà: in crosta di pane, in frittella di pasta cresciuta e avvolto nella pancetta; quindi trippa di baccalà (sempre più usata) con caviale, pancetta, ricotta e fave.

Carlo Cracco (Milano), lo serve al vapore con purè di verze, olive e capperi mentre Mauro Uliassi di Senigallia l’exquisada di baccalà. Don Serafino a Ragusa il tenero di baccalà al vapore in crema di broccoli: Antony Genovese (Pagliaccio, Roma) i garganelli con baccalà mantecato, broccoli, pinoli e acqua di cipolle.

Sempre a Roma, Agata e Romeo, presentano un intero menu di baccalà. Chi in realtà lo ha valorizzato da sempre è Ezio Santin dell’ Antica Osteria di Cassinetta di Lugagnano soprattutto con la sua storica brandade di baccalà.

Sine qua non

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