Da Bra a Calascio: la pastorizia che guarda al futuro a Cheese 2025
Cibovagare sostiene la Scuola di pastorizia di Calascio: giovani, comunità e montagne unite da un mestiere antico che guarda al domani.
C’è un filo invisibile che unisce Bra, patria di Cheese, e Calascio, piccolo borgo abruzzese adagiato sulle pendici del Gran Sasso. Un filo fatto di pecore, capre, lana e formaggi, ma soprattutto di persone che credono che la pastorizia non sia un mestiere del passato, bensì una scommessa per il futuro.
A Cheese 2025 questo messaggio è stato chiaro: la pastorizia non è solo resilienza, è visione. E proprio da Calascio arriva una delle notizie più incoraggianti: l’apertura delle iscrizioni alle nuove masterclass della Scuola di perfezionamento per la pastorizia estensiva, un progetto promosso da Slow Food Italia e D.R.E.Am Italia all’interno del programma di rigenerazione culturale e sociale “Rocca Calascio – Luce d’Abruzzo”, sostenuto dal PNRR e dal Ministero della Cultura.
Cibovagare sostiene con convinzione questa iniziativa, riconoscendo nella Scuola di Calascio un presidio fondamentale per la rinascita delle terre alte, un luogo dove tradizione e nuove competenze si incontrano per generare futuro.
Studiare per diventare pastori
Sulle montagne abruzzesi, in un paese che oggi conta poco più di cento abitanti, prende forma un’esperienza unica: una scuola che insegna a fare il pastore. Non solo a guidare un gregge, ma a gestire pascoli e biodiversità, a conoscere le regole del settore, a valorizzare carne, latte e lana, a comunicare un prodotto che è anche racconto di territorio.
Il programma prevede otto masterclass fino alla primavera 2026. La prossima, in ottobre, affronterà temi cruciali come il marketing della lana e della carne e la convivenza con i predatori selvatici. Un percorso pensato per aspiranti pastori, forestali, agronomi e veterinari, ma anche per chi vuole aggiornarsi o riscoprire un mestiere che sembrava destinato a scomparire.
Voci di nuova generazione
La speranza arriva soprattutto dai giovani. Giorgia D’Amato, iscritta ai corsi, racconta: «Ho deciso di frequentare la scuola per imparare più di quello che già mi hanno trasmesso mio padre e mio nonno». Francesca Paciocco, studentessa di Scienze forestali, aggiunge: «Dobbiamo far rifiorire la montagna e ridare senso a un pezzo di formaggio o di carne. Non è solo cibo: è paesaggio, è comunità».
E poi c’è Alex Beltempo, trentino, allevatore di capre Pezzate Mochen, che sprona i coetanei: «Servono più allevatori e meno scaldapoltrone». Le loro parole raccontano una generazione che vuole sporcarsi le mani, rinnovando saperi antichi con competenze moderne.
Un borgo che rinasce
Calascio, un tempo cuore dell’allevamento ovino, prova oggi a invertire la rotta. «Abbiamo grandi pascoli e tanta richiesta di prodotto, ma poche aziende attive» spiega il sindaco Paolo Baldi. «La scuola è un’occasione per rigenerare il paese e restituire vita a un territorio che ha ancora tanto da offrire».
Il valore di questa iniziativa lo sottolinea anche Federico Varazi, vicepresidente di Slow Food Italia: «Fare il pastore oggi significa contribuire alla conservazione del paesaggio e alla tutela della biodiversità. Per questo occorre una formazione che unisca pratica e conoscenze scientifiche».
Dalle pecore alla lana, fino al paesaggio
La pastorizia contemporanea non riguarda solo pecore e capre. Come spiega il docente Jacopo Goracci, si guarda anche a bovini e suini al pascolo, a modelli di allevamento capaci di restituire libertà agli animali e valore alle comunità. Un pensiero condiviso da Benedetta Morucci, imprenditrice tessile che lavora lane autoctone abruzzesi: «Il futuro è nelle filiere corte, dove chi alleva, chi trasforma e chi tesse lavorano insieme».
Una speranza concreta
Da Bra a Calascio, Cheese 2025 lancia un messaggio chiaro: la pastorizia non è nostalgia, è prospettiva. Tra giovani motivati, comunità resilienti e progetti europei, prende forma un modello di sviluppo capace di unire saperi antichi e nuove competenze.
Cibovagare crede in questa visione: raccontare, sostenere e accompagnare esperienze come quella di Calascio significa dare voce a un futuro possibile, in cui le montagne tornano a vivere e il mestiere del pastore diventa, ancora una volta, un motore di speranza.