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Hans, l'idraulico

Un amarcord di grandi bevute del 1997


16 febbraio 1997

È necessario tanto denaro per saper vivere? Un paio di anni fa un imprenditore da hit parade mondiale, dopo aver trascorso alcune zingarate con Giacomo Bologna (e il sottoscritto) mi confessò di essersi reso conto che 'vivere da ricchi' non significa disporre di un conto in banca con tantissimi zeri, ma cio' che conta e' l'atteggiamento verso il piacere e la disponibilita' di condividerlo con altri. Era successo che, dopo un week end, passato tra pranzi, bottiglie e assaggi, la colazione, alle 7 del mattino, si era celebrata con uova, tartufo e magnum Romanee Conti per il mio compleanno. Il tutto con un senso straordinario dell'ospitalita' da parte di Giacomo di offrire la sua casa e la sua cantina anche a uno sconosciuto, senza alcun calcolo opportunistico. Un piacere, dunque, del convivio, della tavola. Confesso di aver sempre pensato alla rarita' di personaggi come Bologna. Ebbene, un paio di sere fa, ho avuto la fortuna di incontrare a tavola Hans Birchmeier, idraulico di professione, di Lucerna. Un signore, forse a tutti sconosciuto, ma talmente 'ricco' di piacere del saper vivere da far invidia al mondo intero. Si', perche' Hans non solo 'ospita' nella sua cantina bottiglie che farebbero impazzire i piu' grandi collezionisti al mondo, ma cerca di 'condividerle' con chi ama la convivialita', senza ricorrere a quella futile disciplina del solipsismo (non e' ancora sport olimpico, se Dio vuole).

Hans ha messo a disposizione di altre 13 persone, la maggior parte delle quali a lui sconosciute, i grandissimi vini di Borgogna dal 1904 al 1994: 20 bottiglie che avrebbero fatto impazzire Sotheby's e Christie's messe insieme. Vorrei segnalarne subito una, la regina della serata, Musigny 1904 (Cuvee vieilles vignes, Comte Georges de Vogue'). Un rosso da leggenda, ancora intatto, fresco (si', lo ripeto, fresco), non dimostrava sicuramente i suoi 93 anni. Ha sconvolto tutti i partecipanti, sicuramente assai preparati in materia a cominciare da Carlo Petrini, presidente di Slow Food, per passare a Elio Altare, Enrico Scavino, Giorgio Rivetti, produttori di vino, nonche' il bastian contrario Gian Piero Cereda (sempre alla ricerca di legni vecchi ... e del vino sporco), quindi Piero Sardo, Gigi Piumatti, l'oste Michele Alesiani, il giornalista svizzero Rolf Criesi e il pimpante papa' Giuseppe Farinasso. Il regista della serata e' stato Franco Martinetti, uno che di saper vivere se ne intende assai, che ha deciso di servire queste eccezionali creature di Borgogna non in 'degustazione solitaria', ma assieme a 5 piatti da urlo, da lui studiati partendo dai vini e realizzati dalla signora Valazza del ristorante al Sorriso di Soriso. La filosofia di Martinetti che mi trova in piena sintonia (avrei detto le stesse parole) e' «degustare vini annotando e scambiandosi solo le impressioni al riguardo dell'uno o dell'altro senza provare contemporaneamente il piacere del cibo farebbe pensare, a chi partecipa, di avere un amplesso si', ma virtuale; in altre parole di fare dell'onanismo».

Ma veniamo ai piatti: capesante con fagioli cannellini e quadrelli di lardo alle erbe; code di scampi con timballo di zucca gialla e la loro coulis (da 10); scaloppa di ficatum con salsa di cacciagione e tartufo nero; fagottini di pernice tartufati; guanciale di fassone stracotto: una portata da 10 e lode anche perche' arrivata al tavolo dopo 18 vini (e' giunta anche qualche riserva dalla panchina) e quattro piatti. E nonostante la curva di saturazione fosse all'apice (quasi una derivata) ha entusiasmato i commensali al pari dei tre vini: La Romanee-Chateau de Vosne Romanee, Comte Liger-Belair (Bouchard Pere & Fils) 1979 e 1990; quindi Richebourg 1934. Non e' facile mezionare tutti i vini, ma come faccio a non ricordare Nuit-Saint Georges 1929-Cailles Morin (Morin Pere & Fils), Chambertin 1947 (Comte de Chateaubriand), Gevrey Chambertin 1959 (Sichel & Fils Freres) e ancora Corton 1911 (Maufort Pere & Fils), Corton 1949 (Hector Riviere & Fils), Corton 1953 (R. Barriere), Pommard 1945 (Morey Pacault), Volnay 1937 Cuvee Blondeau Hospices de Beaune (Morin Pere & Fils), Moulin-a-Vent 1959 (Pierre Ponnel). Potrei continuare con Chevalier-Montrachet 1947 (Luis Latour): un vino da favola che riconduce a una realta': sui bianchi siamo ancora lontani anni luce dai francesi. Potrei ancora ricordare un Montrachet '43: riserva in panchina.

Cosi' tra un bicchiere e l'altro i 'piemontesi barolisti'hanno cominciato a svelare che, in fondo in fondo, il nebiolo e' uno stretto parente del pinot nero di Borgogna. Hans continuava ad aprire bottiglie alla maniera delle vecchie annate di Porto: con una tenaglia incandescente ne staccava il collo, per non correre rischi. Chissa', molti 'puristi' si sarebbero scandalizzati: il vino non era stato decantato o aperto con giornate di anticipo, ma Martinetti anche su questo mi trova d'accordo. Pensierino della sera: alla fine della cena, a notte inoltrata, Hans ha ringraziato. Lui, della compagnia. Una lezione di 'ricchezza' senza precedenti. Ma quello che ancor piu' mi ha colpito e' stato che durante le 5-6 ore di convivio nessuno, tanto meno Hans, ha osato stimare il valore di una bottiglia, o azzardarne un prezzo. Ahime', quando si fa il conto di quanto sia costato il piacere goduto o procurato, allora si arriva a quella linea d'ombra in cui il saper vivere si trasforma nel voler apparire a tutti i costi. Così è se mi piace?

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