Soave, il grande bianco che online non si racconta
Vino straordinario e territorio unico, ma la comunicazione digitale del Consorzio resta debole e priva di emozione: Soave ha bisogno di voce.
- Un sito che non ti fa venire voglia di partire
- Social che non parlano agli appassionati
- Le uga, un grande lavoro che resta chiuso nei cassetti
- Il rischio di restare indietro
- Conclusione
Chi ama il vino conosce il nome Soave. È un bianco che ha scritto pagine importanti dell’enologia italiana, uno di quei vini che riescono a unire immediatezza e profondità, freschezza e capacità di evolvere nel tempo. Nelle annate migliori, un Soave può sorprendere anche dopo dieci anni, rivelando sfumature minerali e note complesse di mandorla, fiori bianchi e pietra bagnata.
Ma il fascino del Soave non è solo nel bicchiere. È anche nel paesaggio che lo genera: colline dolci disegnate dai filari, muretti a secco, borghi medievali come quello che dà il nome alla denominazione, con il suo castello scaligero che domina la valle. Un territorio riconosciuto nel 2018 dalla FAO come Paesaggio Rurale Storico, testimonianza vivente di un equilibrio secolare tra uomo e natura.
Insomma, c’è tutto: qualità, storia, bellezza, autenticità.
Eppure, questo patrimonio non trova la voce che merita. Perché se il vino Soave è uno dei bianchi italiani più rappresentativi, la sua comunicazione digitale resta ancora timida, poco incisiva e incapace di parlare ai wine lover di oggi.
Un sito che non ti fa venire voglia di partire
Visitando il sito ufficiale del Consorzio (ilsoave.com), ci si imbatte in schede tecniche, disciplinari, numeri e dati. Materiali preziosi per chi lavora nel settore, ma poco invitanti per chi sogna un weekend tra i vigneti o vuole scoprire la storia di un produttore.
Manca un racconto emozionale del territorio: non ci sono itinerari, esperienze, mappe interattive o video capaci di far vivere – anche solo per un momento – l’atmosfera di queste colline.
Social che non parlano agli appassionati
Sui social network, la situazione non migliora. Il Consorzio è presente, ma con post rari, spesso legati a eventi o comunicati istituzionali. Poche immagini evocative, quasi nessun racconto delle persone e dei luoghi che fanno grande il Soave.
Un contrasto evidente se si guarda cosa fanno altri consorzi come prosecco DOC, Chianti Classico o franciacorta, capaci di costruire vere e proprie community digitali e di trasmettere il piacere del vino attraverso immagini, voci e storie.
Le UGA, un grande lavoro che resta chiuso nei cassetti
Le Unità Geografiche Aggiuntive (UGA), introdotte nel 2019, rappresentano un passo avanti enorme per la denominazione: un modo per valorizzare i singoli cru, dare identità alle vigne e rendere più leggibile la complessità del territorio.
Ma questo lavoro di fino non è stato comunicato con la stessa cura con cui è stato realizzato. È rimasto intrappolato nel linguaggio tecnico dei disciplinari, lontano dal racconto che un appassionato di vino vorrebbe ascoltare: chi è il vignaiolo, che storia ha quella collina, cosa cambia tra un suolo basaltico e uno calcareo?
Il rischio di restare indietro
Nel frattempo, il mondo del vino è cambiato. Oggi le persone scoprono un’etichetta su Instagram, seguono un produttore su TikTok, pianificano una degustazione dopo aver visto un video su YouTube.
Il Soave ha tutte le carte per entrare in questo mondo – è versatile, elegante, coerente nel tempo – ma non lo sta facendo. Manca la scintilla, quella capacità di trasformare il vino in esperienza e il territorio in desiderio.
Conclusione
Il Soave è un grande vino italiano, e il suo territorio è uno dei più belli da raccontare. Ma la comunicazione digitale che lo rappresenta non riesce a rendergli giustizia.
È come se un’orchestra perfetta avesse smarrito la voce del solista: ci sono le note, ma manca la melodia.
Alla comunicazione del Soave manca un racconto emozionale e contemporaneo, capace di far percepire il vino non solo come prodotto, ma come viaggio, incontro, identità.
Serve una strategia che unisca immagine e sentimento, tecnica e passione, istituzione e umanità. Solo così Soave potrà tornare a parlare – e farsi ascoltare – anche nel linguaggio più universale di tutti: quello digitale.