Fake food: il falso Parmesan e PriSecco messi al bando in Europa
Parmigiano Reggiano e Prosecco vincono due battaglie cruciali contro i falsi: l’Italia difende gusto, identità e valore delle sue DOP
Difendere l’autenticità del gusto è un lavoro quotidiano. E non sempre si combatte tra i fornelli: a volte lo scontro si gioca nei tribunali e nelle fiere internazionali, dove la reputazione delle eccellenze italiane è messa alla prova da imitazioni che cercano di sfruttarne il successo.
Due episodi recenti lo dimostrano. Alla fiera Anuga di Colonia, il Consorzio del Parmigiano Reggiano ha ottenuto la rimozione immediata di due prodotti “fake”: una Garlic Parmesan Flavored Sauce e un sostituto vegetale dal nome “ParVegano”. Entrambi evocavano la DOP senza rispettarne il disciplinare, violando il principio di tutela europeo.
Il presidente Nicola Bertinelli ha ringraziato le autorità tedesche per la rapidità dell’intervento, ricordando che il falso Parmesan genera oltre 2 miliardi di euro di giro d’affari fuori dall’Unione Europea — tre volte il volume delle esportazioni autentiche. Un danno economico e culturale che colpisce produttori e consumatori: i primi perdono valore, i secondi vengono ingannati da imitazioni che nulla hanno a che vedere con l’originale Reggiano.
Anche il mondo delle bollicine ha celebrato una vittoria importante. Il Sistema prosecco ha ottenuto dal Tribunale dell’Unione Europea la conferma della nullità del marchio “PriSecco”, un nome ritenuto troppo simile alla DOC Prosecco. La sentenza ribadisce che evocare una denominazione riconosciuta, anche solo foneticamente, costituisce un illecito.
Giancarlo Guidolin, presidente del Consorzio della DOC Prosecco, insieme a Franco Adami e Michele Noal, ha sottolineato l’importanza di prevenire ogni violazione: «Proteggere le denominazioni significa difendere una filiera e garantire al consumatore trasparenza e qualità».
Il caso “PriSecco” si aggiunge a una lunga lista di imitazioni: Primasecco, Perisecco, Nosecco. Tutti tentativi di sfruttare la notorietà di un vino che, insieme allo champagne, è oggi tra i più riconosciuti e amati al mondo.
Queste due storie, apparentemente distanti, raccontano in realtà la stessa battaglia: quella per la difesa del patrimonio agroalimentare italiano, fatto di lavoro, regole, cultura e rispetto. Raccontare i prodotti fake serve proprio a questo: ricordarci quanto siano preziose le nostre DOP e quanto sia importante tutelarle, ogni giorno, nel piatto come nei mercati globali.
Quando tutelare le DOP significa anche fare turismo
Non è solo questione di etichette corrette, di disciplinari rispettati o di marchi annullati. Tutelare le DOP significa anche custodire un patrimonio territoriale che alimenta esperienze turistiche autentiche e sostenibili.
Come evidenzia la Fondazione Qualivita nel suo 1° Rapporto Turismo DOP, oggi oltre 360 consorzi italiani promuovono più di 580 attività legate al turismo DOP e IGP: eventi, musei del gusto, strade dei sapori, laboratori didattici e itinerari che intrecciano territorio, prodotto e cultura.
Un sistema che unisce autenticità, educazione e sostenibilità, i tre pilastri su cui si fonda il nuovo modo di vivere il turismo agroalimentare.
Il recente Regolamento UE 2024/1143 riconosce anche ai Consorzi il diritto di sviluppare attività turistiche nei territori d’origine, creando un ponte diretto tra chi produce e chi viaggia.
Dietro ogni DOP c’è un paesaggio, un’economia locale e una comunità che accoglie i visitatori con esperienze vere: degustazioni, visite in azienda, storytelling dal vivo.
Difendere il Parmigiano Reggiano dai falsi “Parmesan” o il Prosecco dalle copie come “PriSecco” non è solo un atto legale. È un modo per proteggere i territori che li hanno generati — le colline di Conegliano e Valdobbiadene, le pianure emiliane, le latterie di montagna — e garantire che chi vi arriva da turista possa incontrare autenticità, non imitazione.
L’Italia del gusto non ha bisogno di copie. Ha bisogno di rispetto, di educazione alla qualità e di viaggiatori curiosi pronti a scoprire, assaggiare e credere nel valore delle sue DOP.