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La nuova tendenza in tavola? La carne del bosco

I fratelli Vergine portano in tavola la carne del bosco: sana, magra e gustosa. Il loro ristorante stellato è già un caso in Italia.


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Selvaggina, salute e alta cucina: lo chef Matteo Vergine ci mette la firma

Negli ultimi mesi non si parla d’altro: la selvaggina sembra essere la nuova frontiera della cucina italiana. Una volta confinata alle sagre di paese o ai menù stagionali delle trattorie di montagna, oggi arriva nei ristoranti stellati e conquista sempre più appassionati.

Se ne è discusso anche al Trentodoc Festival, dove tra calici di bollicine e degustazioni ha fatto rumore la voce di Matteo Vergine, classe ’96, chef del ristorante Grow di Albiate (Monza Brianza), aperto con il fratello Riccardo meno di due anni fa. Un locale giovane, fuori dai grandi circuiti delle metropoli, che in pochissimo tempo ha conquistato una stella Michelin proprio grazie a un’idea radicale: un menù interamente dedicato alla selvaggina, tutto l’anno.

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Chi sono i fratelli Vergine

Matteo, 28 anni, è lo chef. Ha iniziato giovanissimo, con esperienze in cucine di rilievo, prima di decidere di mettersi in gioco con un progetto personale. Accanto a lui c’è Riccardo, 31 anni, maître e sommelier, che cura l’accoglienza e gli abbinamenti in sala. Insieme hanno costruito un format che ha stupito la critica e attirato una clientela curiosa, pronta a sperimentare.

Il loro approccio è semplice ma diretto: cervo, cinghiale, capriolo, daino, lepre e persino volatili diventano i protagonisti del piatto, cucinati spesso alla brace di legna, in perfetto stile “trappeur”, così da esaltare aromi e consistenza senza coprire nulla.

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Perché la selvaggina piace sempre di più?

Lo chef Vergine lo spiega con i numeri: la carne di bosco ha le stesse proteine delle altre carni, ma da 10 a 20 volte meno grassi. Per capirci: un bovino d’allevamento contiene in media 16 grammi di grassi ogni 100 di carne, mentre il capriolo ne ha appena uno. E a questo si aggiungono omega 3, ferro e un basso livello di colesterolo.

Insomma, un alimento “naturale” nel vero senso della parola: animali liberi, che si nutrono di ciò che trovano in natura, senza forzature né allevamenti intensivi.

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Un successo che fa riflettere

Il ristorante è spesso al completo e la clientela torna volentieri: segno che, oltre all’effetto novità, la selvaggina convince davvero. Ma la domanda che resta aperta è questa: siamo pronti a considerarla una carne “moderna” e non più soltanto un piatto della domenica o della tradizione contadina?

Certo, non mancano le sfide: la stagionalità della caccia, i regolamenti sanitari, i costi e la difficoltà di proporre a chi non è abituato un gusto più intenso rispetto a pollo e manzo. Eppure la strada intrapresa dai fratelli Vergine sembra già indicare un futuro possibile.


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E voi cosa ne pensate?

Vi affascina l’idea di un menù interamente a base di selvaggina? La vedete come un ritorno al passato o come la cucina del futuro, più sana e sostenibile?

Noi intanto seguiamo con curiosità l’esperimento di Grow e il talento dei due fratelli lombardi, che a soli trent’anni hanno già lasciato un segno forte nella ristorazione italiana.

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