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A caccia di un difetto... ho perso!

Al ristorante della famiglia Santini è davvero difficile trovare qualcosa che non vada bene


Prima o poi ci riuscirò, ma ancora una volta mi è andata buca. Sì, la ricerca di un difetto, di un particolare che mi facesse esclamare: “finalmente l’ho trovato”. Non è finita così neanche durante la mia ultima visita, anzi c’è sempre qualcosa di nuovo, di sorprendente; in questa occasione i bagni dove è tutto automatico: porte, luci, acqua … si ha l’impressione di entrare in un luogo alla James Bond dove non si tocca nulla, forse in nome dell’igiene (chissà se i casi Noma di Copenaghen e Heston Blumenthal a Londra abbiano fatto scuola) o forse per essere sempre all’avanguardia. 


Pescatore di Runate (Canneto sull'Oglio, Mantova tel. 0376.723001), regno della famiglia Santini, dove l’ospitalità è subito manifesta all’ingresso dalla cortesia di Antonio (il patron) e dal figlio Alberto e dove la sicurezza dell’eccellenza viene trasmessa da un bellissimo quadro (ritratto di famiglia in un interno) alla vista della cucina: nonna Bruna, mamma Nadia e il figlio Giovanni, tutti in bianco, davanti ai fornelli.


Tavoli eleganti con fiori freschi, pezzi d’autore, distanziati in modo tale che permettono, finalmente, le conversazioni private, illuminati perfettamente (raro trovare un dettaglio di questa valenza, quando altrove vincono la ricerca del design sulla efficacia della luce sul piatto). 

Anche le posate sono funzionali non come quelle firmate dai designer, impossibili per inforcare e tagliare il cibo. Addirittura è disponibile il coltello da pesce per mancini, fatto costruire ad hoc. Sui piatti raffinati viene servita una grande cucina italiana, realizzata con prodotti made in Italy.


Alcune sono ricette territoriali: una vera sublimazione della tradizione, realizzata con una feroce scelta degli ingredienti e della presentazione, quasi a voler significare come sia possibile nel tempo plasmare semplici ricette di cucina locale in piatti da suberbo ristorante. Così è possibile gustare “il sorbir d’agnoli” o i famosi tortelli di zucca, ma pure i triangoli di pasta all’uovo con ricotta, pecorino e fonduta di parmigiano. Piatti dove la sfoglia è sottile al punto giusto così come il ripieno è sapido, ma delicato. La carta offre una grande varietà di piatti dovuti alla maestria di Nadia e di Giovanni, che fanno di questo locale un ristorante completo: il perfetto (nella cottura) foie gras in padella al mango e vino passito o il piccione in casseruola, che coesistono con le inconfondibili coscette di rana gratinate alle erbe fini e il tenero capretto della Garfagnana al forno con prezzemolo e limone. Si può chiudere con un gradevole provolone in padella o con una scelta degustazione di formaggi italiani. Ma la golosità della carta dei dolci può far riaprire la pancia: la meringa annaffiata da un irresistibile bis per lo zabaione caldo o il pinguino al cioccolato


La carta dei vini, da sempre ricca di grandi scelte (una visita in cantina è d’uopo, come anche in acetaia, un virus “balsamico” trasmesso ad Antonio da Franco Colombani), pur imponente è assai leggibile perché composta non per regioni, ma secondo le annate. Un difetto, “speriamo”, la prossima volta!


Sine qua non


(L'immagine è tratta da www.passionegourmet.it)

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