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Lode all'acciuga

L'acciuga, povero pesce azzurro, da sempre bistrattato, è sempre più al centro dell'attenzione della tavola


La più desiderata è con pane e burro, ma può essere gustata in dieci, cento, mille modi. L’acciuga, povero pesce azzurro, da sempre bistrattato si sta prendendo una grande rivincita, quasi a diventare una novella “Cenerentola” perché è sempre più al centro dell’attenzione della tavola. Così, come il baccalà o lo stoccafisso, viene valorizzata perfino da quegli stessi chef, che qualche anno fa, non avrebbero mai osato inserirla nel menu, pena il rischio di censura della critica.

E’ difficile spiegare perché le acciughe o alici siano diventate così all’improvviso trendy, non è certo il prezzo, indice dei tempi di crisi, a farle balzare alla ribalta, perché non sono proprio regalate, a cominciare da quella grasse e carnose del Mar Cantabrico di Spagna, le star del mercato. Forse un’evoluzione del gusto? Se così fosse la tendenza orienterebbe la bussola verso quel sapore marino originario, sapido, profondo direi anche rustico; insomma l’opposto del manipolato, delle consistenze dolci-delicate che tanto hanno imperversato in questi anni. Che sia invece semplicemente un ritorno alle origini, alla semplicità, al recupero di quei gusti “familiari” che si sono persi, sostituiti dal tutto uguale, dolce e facile? O ancora forse perché questo pesciolino azzurro, sottile, slanciato, argenteo conferisce ai piatti una marcia in più e tante proteine e acidi grassi (omega 3)?

Probabilmente niente di tutto questo, ma le acciughe sono tornate dal Mar Cantabrico, pure da Sciacca, da Monterosso, da Marina di Pisciotta (le alici di Meniaca, antica tecnica di pesca) e da Cetara, borgo marinaro, dove esiste da sempre la tradizione della colatura di alici, uno straordinario condimento ormai spesso taroccato. Di certo è la duttilità a farne dell’acciuga un plus in cucina: si può gustare cruda o conservato (sotto sale e sott’olio), nella pizza e nei soffritti, si può friggere direttamente o impanata, si può anche trovare come pasta d’acciuga e dulcis in fundo è possibile anche utilizzarla a tutto pasto, durante una cena con grande fantasia e competenza, così come ha fatto Angelo Torcigliani  del Merlo di Camaiore (via Provinciale 45, tel. 0584 989069), con la preziosa consulenza di Roberto Ghezzi di Schooner.

Si parte con acciughe fresche di Viareggio fritte, un classico da godersi con le mani. Poi bruschette di acciughe, peperoni, olive taggiasche e bottarga di tonno di Carloforte; quindi una sapiente insalata nizzarda con sardine all’antica e tonno crudo. Segue una vera e propria verticale di acciughe salate: Cetara, Sciacca, Cantabrico e affumicate, servite con burro d’Isigny e pane al cacao (direi stonato, meglio un pane di grani antichi). Si riscontrano grandi differenze tra le varie provenienze (non è vero che tutte le acciughe solo uguali): la carnosità e dolcezza di Cantabrico, la sapidità di Cetara e di Sciacca. Eccoci ai primi piatti, davvero riusciti: ravioli con formaggio di capra, burro all’acciuga e limone e spaghetti con pomodori e colatura di acciuga. Nonostante le papille gustative fossero “stanche”, sono state risvegliate da una gradevolissima pizza di scarola e alici fresche. La vera sorpresa, davvero da grande finale, è stata la sorra (ventresca) di tonno millesimata (25 anni…) riserva Ghezzi, una straordinaria e rara golosità con fagioli e cipolla. Un vero festival stellato di poveri, ma ricchi pesci azzurri
 

Sine qua non 

 

 

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